Newsletter #4: Dibattere, non giudicare

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A fine primavera il Consiglio della stampa pubblica il suo annuario, offrendo l’opportunità di uno sguardo retrospettivo e di fare dei confronti. In termini di reclami, è stato un anno quasi tranquillo: nel 2022 sono arrivati 85 reclami, che sul lungo periodo corrispondono all’incirca alla media. Durante il Covid abbiamo dovuto affrontare un numero doppio di reclami e il Consiglio della stampa ha rischiato di collassare. La guerra in Ucraina non ha ovviamente lo stesso impatto dei servizi sul Covid; comprensibile, considerando che il coinvolgimento diretto e personale nel periodo della pandemia è stato ben diverso.

Ma il Covid ha anche messo in luce un dilemma di fronte a cui si trova il Consiglio svizzero della stampa: dovrebbe comunicare meglio con l’esterno. Ma quanto più noto diviene il Consiglio della stampa, tanto più elevato è il numero di reclami che ci si può aspettare e tanto maggiore diventa la minaccia di sovraccarico. Tuttavia, in futuro non sarà possibile evitare di spiegare in maniera più energica qual è concretamente il compito del Consiglio della stampa. E soprattutto quale non è: non è un tribunale, anche se molti lo credono. E non è un’istituzione che vuole disciplinare e mettere alla gogna i giornalisti. Molti professionisti dei media pensano che sia così, ma è un errore di fondo.

Il Consiglio della stampa è un’organizzazione di autoregolamentazione. Il suo compito è quello di guidare il discorso sull’etica dei media. Annik Dubied, vicepresidente del Consiglio svizzero della stampa, lo riassume nel suo contributo all’Annuario: il Consiglio della stampa «non prescrive norme automatiche, immutabili e universali. Al contrario, mira a consentire un dibattito pubblico sul giornalismo, discutendone le norme con i giornalisti e con il loro pubblico (…)».

I reclami servono a coltivare questo dibattito, perché l’esistenza stessa di un giornalismo corretto, impegnato e critico dipende essenzialmente da questo stesso discorso. Il Consiglio della stampa non ha bisogno di reinventarsi, bensì di far emergere in modo più marcato la sua idea originaria. Nel suo contributo, Annik Dubied ne delinea la probabile direzione. Sarà un processo interessante che contribuirà a distinguere il giornalismo di qualità dalle pubblicazioni sensazionaliste.

Annuario 2023

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