Nr. 32/2000
Presunzione di innocenza

(„Il Diavolo“ c. „la Regione“) Presa di posizione del Consiglio della stampa del 30 agosto 2000

Drucken

I. Fatti

A. Il 13 marzo 2000 il quotidiano „la Regione Ticino“ ha riferito – menzionandone le generalità – dell’arresto del presidente della associazione dei canapai e della chiusura di due „canapai“ del Luganese. Il titolo principale dell’articolo era „E’ un boss della canapa“; il sottotitolo „Il titolare di B. Chiusi altri tre negozi“. Il sopratitolo, invece, affermava : „Gli inquirenti: il presidente dell’assocanapa è un grande importatore“.

B. Il 18 marzo 2000 il settimanale satirico „Il Diavolo“ si è rivolto al Consiglio della Stampa, ritenendo che l’articolo della „Regione Ticino“ abbia leso la presunzione di innocenza. L’arrestato, sostiene il reclamante, non ha precedenti penali. „Il Diavolo“ ritiene che ad essere censurabile sia specialmente il titolo usato dal quotidiano.

C. Sul reclamo „la Regione Ticino“ ha preso posizione il 3 luglio 2000. La redazione del quotidiano osserva che il denominativo „boss“ non deve necessariamante essere inteso negativamente, né sempre riferito ad attività criminali. L’articolo parla espressamente di arresto, provvedimento che, nella procedura penale ticinese, equivale alla promozione formale di un’accusa. Anche in mancanza di una condanna definitiva, la notorietà del presidente dell’associazione canapai ticinesi giustifica la sollecita pubblicazione della notizia dell’arresto e delle accuse rivolte all’interessato.

D. La presidenza del Consiglio della Stampa ha affidato il caso alla prima Camera, composta da Roger Blum (presidente), Marie Louise Barben, Luisa Ghiringhelli Mazza, Silvana Iannetta, Philip Kübler, Katharina Lüthi e Edy Salmina. La Camera ha esaminato il caso nella sua seduta del 30 agosto 2000. Luisa Ghiringhelli Mazza, redattrice presso „La Regione“ e Edy Salmina, già collaboratore dello stesso giornale, si sono ricusati.

II. Considerandi

1. La cifra 7 della „Dichiarazione dei diritti e dei doveri dei giornalisti“ prevede che gli operatori dei media debbano, salvo prevalente interesse pubblico, rispettare la sfera privata delle persone. Vanno evitate accuse anonime e senza fondamento fattuale. Secondo la cifra 3 della „Dichiarazione“ non vanno neppure omessi elementi importanti di informazione. Da questi principi il Consiglio della Stampa ha dedotto che nel riferire di procedimenti penali in corso il giornalista deve tenere conto della presunzione di innocenza (Presa di posizione in re Tornare c. TSR del 24.1.1994,) Raccolta 1994, pp. 14 e ss.; Presa di posizione A. c. „Le Matin“ del 5.8.1997, Raccolta 1997, p. 68 e ss.). La prassi del Consiglio della Stampa ha trovato espressione anche nella Direttiva 7.5. riferita alla menzionata „Dichiarazione“.

2. Riferendo sui motivi di sospetto e sulle accuse mosse dalle autorità inquirenti si deve evitare, tanto nell’impressione globale che l’articolo suscita quanto nei singoli passaggi, di anticipare l’esito della procedura penale. In altri termini una successiva assoluzione non deve, a posteriori, far ritenere il primo articolo errato o fuorviante. A questo principio si deve prestare tanta maggiore attenzione quanto più gravi sono gli addebiti mossi all’interessato.

I mezzi a disposizione del giornalista per evitare questo pericolo sono molti. E’ possibile limitarsi al resoconto dell’accaduto, cioè, in casi come quello in esame, all’arresto e alle decisioni delle autorità. La pura descrizione dell’accaduto è infatti meno problematica, nella misura in cui non contenga valutazioni anticipate di condanna. Un’altra possibilità consiste nella citazione letterale della fonte delle accuse, particolarmente se si tratta di organi statali: in questo caso è necessario anche offrire un’indicazione relativa allo stadio cui il procedimento si trova. Bisogna rendere chiara la distinzione tra sospetti, accuse formali e condanne. I mass media non possono presupporre che il pubblico conosca queste differenze, fondamentali in uno stato di diritto. In articoli lunghi, la distinzione va riferita in ogni passaggio di testo che contenga riferimenti a rimproveri mossi all’interessato. Un’ulteriore modalità consiste nella chiara menzione, nel titolo e nel testo di un articolo, che i fatti e le valutazioni riferite rappresentano il punto di vista dell’autorità che sostiene l’accusa. Infine, è deontologicamente ammissibile che il giornalista esprima la propria convinzione circa la fondatezza dei rimproveri mossi ad un accusato, purché ciò sia fatto con ritegno, il commento sia riconoscibile come tale e siano precisati gli argomenti su cui si fonda.

3. Nel valutare se l’articolo della „ Regione Ticino“ abbia rispettato il principio della presunzione di innocenza come qui indicato, bisogna distinguere tra testo, lead, titolo principale, sopra e sottotitolo.

Nel testo, il riferimento alla presa di posizione del procuratore pubblico competente rende chiaramente manifesto ai lettori che il procedimento si trova ancora allo stadio dell’istruttoria. Nettamente attribuibile al magistrato inquirente è anche l’affermazione che V. sia uno dei maggiore trafficanti di cannabis sulla piazza luganese. Complessivamente, il testo rispetta pertanto il principio deontologico di salvaguardia della presunzione di innocenza dedotto delle cifre 3 e 7 della „Dichiarazione“.

A una diversa constatazione conducono invece l’esame del lead e del titolo principale. La dicitura „E’ un boss della canapa“ non contiene riserve riferite al fatto che il procedimento si trova ancora allo stadio dell’ accusa e che il processo deve essere ancora celebrato. Anche nell’attacco del lead l’interessato viene indicato come uno dei maggiori trafficanti di cannabis. Solo nella formulazione discorsiva del sopratitolo („Gli inquirenti: …“) ci si riferisce alle autorità di inchiesta. Questo modo di presentare il caso non tiene in sufficiente considerazione il principio di presunzione di innocenza. Il Consiglio della Stampa ha già chiarito non essere deontologicamente corretto che un titolo presenti un’accusa come un dato di fatto acquisito (cfr. Scientology c. „Tages Anzeiger“ del 20.2.1998, in Raccolta 1998, p. 58 e ss.). Gli articoli non vengono sempre letti attentamente da cima a fondo. Semplificazioni eccessive nei titoli o nei lead – che non riassumono una questione, ma la falsano – destano perciò in una parte del pubblico un’impressione contraria ai dati di fatto.

4. Il lettore attento e scrupoloso, capace di distingere tra accuse e condanne, riconoscerà in questo caso che i rimproveri contro V. sono formulati ancora allo stadio istruttorio. Il lettore più frettoloso – e meno attento – sarà invece in primo luogo colpito dal titolo „E’ un boss della canapa“. Tanto in inglese quanto in altre lingue, la parola „boss“ non ha solo l’accezione neutra di „capo“ ma indica anche, in negativo, chi abbia raggiunto o sfrutti posizioni di potere con mezzi dubbi: per esempio, i „boss“ della mafia o della droga. L’uso di questa espressione – sia pure tra virgolette, come nel caso che ci occupa – in connessione con la cannabis rafforza l’idea che all’interessato venga rimproverata una attività illegale. Sempre il lettore disattento non si accorgerà che nel soprattitolo, indirettamente, si precisa che il procedimento è ancora nella fase istruttoria. Un resoconto accurato e che rispetta le regole deontologiche dovrebbe evitare – anche nel titolo e nel lead – che un’accusa penale mossa dall’autorità inquirente sia riferita come un fatto assodato.

III. Conclusioni

1. Il reclamo è accolto.

2. Nel titolo e nel lead dell’articolo „la Regione Ticino“ ha ingiustamente assimilato ad un dato di fatto un’accusa penale mossa per il momento solo dall’autorità inqurente. In tal modo risultano violati le cifre 3 e 7 della „Dichiaraz
ione dei diritti e dei dover dei giornalisti“.

3. Titoli e lead che trasformano accuse in fatti assodati, e che pertanto non riassumono ma falsano una situazione, sono inammissibili, anche se il testo dell’articolo ne relativizza la portata. Semplificazioni di questo tipo, in quanto suscitano nel pubblico che legge solo superficialmente un’impressione che non corrisponde ai fatti, non sono accettabili.