Nr. 31/2015
Menzione del nome / Presunzione di innocenza

(Brocchi c. «laRegione Ticino») Presa di posizione del Consiglio svizzero della stampa del 31 agosto 2015

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I. I fatti

A. Il 14 novembre 2014 il quotidiano ticinese «laRegione Ticino» pubblica l’articolo «Maestro recidivo. Montagnola: emergono nuovi particolari sui fatti denunciati nel 2010». In prima pagina l’annuncio del servizio è titolato con: «Maestro indagato: è un recidivo. Un’inchiesta amministrativa avviata nel 2010 stabilì la colpevolezza del docente per fatti simili a quelli odierni. Ora il Municipio chiede tre mesi di sospensione».  

Al centro vi è la vicenda che vede implicato un insegnante delle scuole elementari di Montagnola (frazione di Collina d’Oro) – attualmente oggetto di un’inchiesta amministrativa e penale – accusato di maltrattamento di alcuni suoi allievi (legati alle sedie e fatti cadere, con conseguenze fisiche per uno di loro). Il giornale si riferisce al docente con nome e cognome (Mauro Brocchi), ne pubblica una foto e si riferisce anche alla sua funzione politica di ex sindaco di Montagnola ed ex presidente del Consiglio comunale di Collina d’Oro (comune nato dopo l’aggregazione nel 2003). L’articolo in questione è di fatto uno dei numerosi aggiornamenti della notizia che venne alla luce a fine ottobre 2014 grazie alla denuncia di alcuni genitori. Si riferisce a fatti precedenti riguardanti lo stesso maestro e che risalgono al 2010. All’epoca, infatti, vi fu un’inchiesta amministrativa nei suoi confronti dopo le rimostranze di alcuni genitori: le accuse riguardavano pure allora atti violenti verso i ragazzi, uso di linguaggio scurrile e pressione psicologica. In quell’occasione venne condannato a una multa, alla quale il docente però si oppose rivolgendosi al Tribunale cantonale amministrativo. E la notizia che pubblica «laRegione» il 14 novembre 2014 riguarda proprio questo aspetto: il Tribunale amministrativo confermò infatti la multa, ma – stando a un comunicato comunale – il Municipio non era a conoscenza di questa decisione; solo ora chiede pertanto la sospensione del docente per tre mesi. L’articolo della «Regione» termina quindi sollevando una domanda: perché non si intervenne prima con la sospensione dell’insegnante?

B. Il 26 novembre 2014, Mauro Brocchi, rappresentato dal suo legale Yasar Ravi, si rivolge con un reclamo al Consiglio della stampa. Nell’articolo in questione vede una violazione della cifra 7 della «Dichiarazione dei doveri e dei diritti dei giornalisti», segnatamente delle Direttive 7.2 (Violazione della sfera privata) e 7.4 (Violazione della presunzione di innocenza). Secondo il reclamante la menzione del nome e la sua identificazione tramite fotografia non è giustificata da alcun interesse pubblico preponderante. Il docente non ha compiti direttivi e non è quindi giustificata la sua identificazione, neppure quando il procedimento penale in corso si riferisce alla sua attività professionale. Il fatto che in passato avesse avuto un ruolo di spicco in politica non sarebbe determinante, poiché oggi (e dal 2004) non riveste più alcuna carica politica in seno al Comune. Infine, il titolo «Maestro recidivo» non tiene conto del principio della presunzione di innocenza: recidivo può essere solo qualcuno di cui è stata provata la colpevolezza, mentre in questo caso gli accertamenti sono ancora in corso.

C. Il 10 marzo 2015 il direttore del quotidiano «laRegione» e i responsabili della pagina luganese inoltrano le proprie osservazioni al Consiglio della stampa, in base alle quali il reclamo sarebbe da respingere. L’identificazione dell’insegnante si giustificherebbe con il fatto che Mauro Brocchi è un personaggio pubblico poiché sindaco per tre legislature di Montagnola nonché primo cittadino di Collina d’Oro, poiché svolge una professione di impegno e rilevanza pubblici, risiede e lavora ancora nello stesso comune e parlare di lui facendo riferimento alla sua carica e alle sue funzioni ed ex-funzioni sarebbe come farne il nome. I fatti contestati sono gravi, li avrebbe commessi ai danni di alcuni allievi quale docente, disattendendo i suoi precisi obblighi educativi. Inoltre, «laRegione» poggia la sua risposta anche sul fatto che la parola «recidivo» è stata utilizzata pure dal Consiglio di Stato in risposta a un’interrogazione parlamentare. Della vicenda si sono occupate varie istanze e infine vi era pure  la volontà di alcuni genitori di portare alla luce i (presunti) fatti per fare affiorare nuove eventuali importanti testimonianze.

D. La Presidenza del Consiglio della stampa ha affidato il reclamo all’esame e deliberazione della 1. Camera, presieduta da Francesca Snider e composta da Michael Herzka, Pia Horlacher, Klaus Lange, Francesca Luvini, Casper Selg e David Spinnler, membri.

E. La 1. Camera ha trattato il reclamo di Mauro Brocchi nella sua seduta del 21 maggio 2015 e in seguito per corrispondenza.

II. Considerandi

1. a) La Direttiva 7.2. annessa alla «Dichiarazione dei doveri e dei diritti dei giornalisti» stabilisce in merito alla menzione dei nomi (Identificazione) che il giornalista deve mettere sempre a confronto il diritto del pubblico all’informazione e il diritto delle persone alla protezione della loro sfera privata. L’identificazione è tra l’altro lecita se, in rapporto con l’oggetto del servizio, la persona appare in pubblico oppure riveste una carica politica o una funzione dirigente nella società, oppure se la menzione del nome è in altro modo giustificata da un interesse pubblico prevalente.

b) Il reclamante sostiene che la menzione del suo nome e l’identificazione con la foto non sono giustificate da un interesse pubblico. Egli si riferisce alla Presa di posizione 2/2003 del Consiglio della stampa, in cui si affermava che la pubblicazione del nome di un docente senza incarichi direttivi non era giustificata, pur essendovi un legame tra le sue attività professionali e il procedimento penale. Nel suo caso, sostiene Brocchi, determinante è la circostanza che egli non esercita più alcuna funzione politica nel Comune. Dal fatto che le abbia esercitate in precedenza non deriva alcun interesse pubblico attuale alla pubblicazione del suo nome e della sua foto.

c) Nella Presa di posizione 2/2003 il Consiglio della stampa aveva constatato che la menzione del nome di un politico o di un titolare di una funzione pubblica non è giustificata se oggetto del servizio giornalistico è soltanto la sua vita privata. Altro sarebbe il caso se vi fosse un rapporto tra il procedimento penale e la funzione pubblica esercitata. La funzione di critica e di controllo riconosciuta ai media non deve esercitarsi solo a partire dal processo o dalla pronuncia della sentenza: quanto più elevato è il ruolo sociale della persona tanto più elevato è l’interesse pubblico alla conoscenza del nome. Anche la gravità del fatto deve essere considerata. La valutazione prende in considerazione per finire anche la solidità del sospetto. Il nome di un docente senza incarichi direttivi è di regola da considerare ingiustificata, così pure quello di un qualunque dipendente pubblico o di un qualsiasi altro prestatore d’opera.

d) Il caso specifico è stato oggetto di una valutazione controversa da parte della Camera. Da tutti  si è ritenuto che il reclamante non può essere considerato persona pubblica per il solo fatto di aver rivestito precedentemente una carica politica, come sostiene «laRegione», per quanto sia evidente che si tratti di persona conosciuta, e non solo nel suo comune. L’attività politica di Brocchi risale però a più di dieci anni fa (2004): da allora egli non ha più assunto incarichi pubblici, il cittadino comune non lo conosce; egli non svolge più funzioni dirigenti nella collettività. In quanto docente in una scuola statale, peral
tro, egli svolge certamente una funzione pubblica. Si può dire allora che la pubblicazione del nome fosse necessaria per evitare di confonderlo con qualcun altro? Il comune di Montagnola è piccolo, le classi di scuola soltanto tre: il rischio di confusione era perciò molto piccolo. Il Consiglio della stampa ritiene perciò che tale rischio non fosse evidente, tanto più che gli addebiti a suo carico non apparivano di particolare gravità.

e) Evidente è invece il rapporto tra l’attività professionale del Brocchi e i comportamenti di cui è accusato. In questo consiste la differenza rispetto al caso del 2003, in cui non era dato alcun rapporto diretto tra il reato e la funzione pubblica di docente dell’accusato. L’articolista della «Regione» afferma che già nel 2010 il Tribunale amministrativo aveva pronunciato una sanzione a carico del docente per comportamenti analoghi. La circostanza sarebbe a conoscenza del Municipio solo ora. Il fatto non è negato da Brocchi. Su questo punto il Consiglio della stampa rileva che di interesse pubblico è precisamente la rivelazione fatta dal giornale della mancata conoscenza, da parte del Municipio, che un proprio docente fosse stato sanzionato per comportamenti nei confronti dei suoi allievi analoghi a quelli di cui nuovamente lo si accusa. È nella sua qualità di guardiano del pubblico interesse che il giornale si domanda come mai ciò sia potuto accadere. Il sospetto a carico di Brocchi assume per questo fatto una diversa consistenza, e così pure la sua contestata sospensione dal servizio. La conclusione del Consiglio della stampa è dunque che «laRegione» ha fatto bene a dare il nome.    

2. La Direttiva 7.4 impone al giornalista di tener conto della presunzione di innocenza. Il reclamante ritiene che tale rispetto sia venuto meno con il titolo «Maestro recidivo» e il Consiglio della stampa condivide questo giudizio. Tanto l’inchiesta amministrativa quanto quella penale erano ancora in corso quando è uscito l’articolo. Di questa circostanza il titolo non tiene conto. Pur considerando che una certa forzatura è normale nei titoli, l’omissione di un punto di domanda o di un qualche altro segno di attenzione rappresenta una violazione della presunzione di innocenza. Irrilevante a questo proposito è il fatto che il termine fosse usato nella risposta a un’interrogazione da parte del Consiglio di Stato.  


III. Conclusioni

1. Il reclamo è parzialmente accolto.

2. Con il titolo «Maestro recidivo», «laRegione» ha violato la Cifra 7 della «Dichiarazione dei doveri e dei diritti dei giornalisti» circa il rispetto della presunzione di innocenza, in quanto ha presentato come fatto assodato una recidiva a quel momento solo presunta.  

3. Il reclamo è viceversa respinto per quanto riguarda la pubblicazione del nome e della foto del reclamante. Il giornale non ha violato la Cifra 7 della «Dichiarazione».