Nr. 17/2023
Verità / Omissione di informazioni importanti / Rispetto della vita privata delle persone

(X. c. «LaRegione»)

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Zusammenfassung

Die Zeitung «LaRegione» druckte anlässlich ihres Dreissig-Jahre-Jubiläums ein Faksimile der ersten Titelseite ab. Diese enthielt unter anderem einen Artikel über ein Verbrechen; im Text wurde namentlich eine Person erwähnt, die wegen des Delikts verhaftet worden sei. Die Information war falsch, ein Gericht hatte die Zeitung deswegen verurteilt. Schon bei der ersten Publikation war es nicht gerechtfertigt gewesen, den Namen der – notabene unschuldigen – Person zu nennen. Der Presserat kommt zum Schluss, dass die Wiederveröffentlichung des Artikels erneut die Wahrheitspflicht verletzt hat und die Person ungerechtfertigt identifiziert worden ist.

Wird eine historische Zeitungsseite nachgedruckt, sind die Anforderungen an die Überprüfungspflicht zwar nicht gleich hoch wie bei einer Erstveröffentlichung. Angesichts der Schwere der ungerechtfertigten Vorwürfe kommt der Presserat jedoch im vorliegenden Fall zum Schluss, dass der JournalistInnenkodex verletzt wurde.

Résumé

À l’occasion de son trentième anniversaire, le journal « LaRegione » a imprimé un facsimilé de la première de ses unes. Celui-ci contenait entre autres un article sur un crime, citant nommément une personne arrêtée pour l’avoir commis. L’information était fausse et un tribunal avait d’ailleurs condamné le journal. À la première publication déjà, il ne se justifiait nullement de nommer la personne en question, au demeurant innocente. Le Conseil suisse de la presse a conclu que la republication de l’article enfreignait une nouvelle fois le devoir de vérité et que la personne avait été nommée de manière injustifiée.

Lors d’une réimpression, les exigences en matière de vérification ne sont pas aussi strictes que lors de la première publication. Vu la gravité des accusations proférées, le Conseil suisse de la presse est toutefois d’avis que le journal a enfreint le code de déontologie des journalistes.

Riassunto

In occasione del suo trentesimo anniversario, il quotidiano «LaRegione» ha stampato un facsimile della sua prima pagina. Tra le altre cose, conteneva un articolo su un reato; il testo citava il nome di una persona arrestata per il delitto, ma la notizia era falsa, motivo per il quale un tribunale aveva condannato il giornale. Dunque, già nella prima pubblicazione, non era legittimo citare il nome della persona, la quale— nota bene — era innocente. Il Consiglio della stampa ne conclude che la ripubblicazione dell’articolo viola di nuovo il dovere di verità e che la persona citata è stata identificata in modo ingiustificato.
In caso di ristampa della pagina storica di un giornale, i requisiti riguardo al dovere di verifica non sono elevati come quelli relativi a una prima pubblicazione. Tuttavia, data la gravità delle accuse infondate, il Consiglio della stampa conclude che nel caso in questione è stato violato il Codice dei giornalisti.

I. I fatti

A. Il 14 settembre 2022 – per commemorare i 30 anni dall’uscita del suo primo numero – il quotidiano «LaRegione» ha pubblicato, a pagina 40, la fotografia della prima pagina della prima edizione del giornale, apparsa appunto il 14.09.1992. Nel taglio medio della pagina figura un contributo relativo ad un grave fatto di sangue dell’epoca dal titolo «Con l’arresto degli assassini svolta nel giallo di S. Vittor» e occhiello «Le manette sono scattate ai polsi di un ticinese, un italiano e un portoghese». Nella prima parte dell’articolo, sempre fruibile in quella prima pagina, si legge che «Due cittadini stranieri (…) sono gli autori dell’omicidio (…). Le manette sono inoltre scattate ai polsi di X. di Y., proprietario di un’azienda Z. a V. Il X. è implicato nella vicenda ma, dalle informazioni in nostro possesso, gli autori materiali del delitto sono gli altri due. Il movente dell’assassinio è un tentativo di truffa da 200 mila franchi» (n.d.r.: nostri gli oscuramenti; la pubblicazione in oggetto riporta invece per esteso nome, cognome e domicilio del ticinese arrestato, tipologia di azienda di cui è proprietario e relativa sede; di seguito, per salvaguardarne l’anonimato, indicheremo l’interessato con la lettera A.).

Com’è stato in seguito appurato, A. fu sì arrestato contestualmente all’inchiesta su quei fatti (per presunta falsa testimonianza), ma egli non ebbe in realtà alcun ruolo nell’assassinio. Tant’è che fu rilasciato già il 13.09.1992, il giorno prima della pubblicazione della notizia da parte de «La Regione» in quella prima edizione del giornale (cfr. il doc. 2 allegato al reclamo, in particolare alle pagine 7 e 10).

A seguito di quella infelice pubblicazione, nel gennaio del 1997 il Segretario assessore della Pretura di Bellinzona condannò il direttore responsabile de «LaRegione», i giornalisti autori del contributo e gli editori del giornale a risarcire A. per torto morale (cfr. il doc. 2 allegato al reclamo).

Il 14 settembre 2022, il giorno stesso della ripubblicazione (a scopo commemorativo) di quella prima pagina, A. – per il tramite del suo legale B. e, come vedremo tra poco, ora qui reclamante – si è rivolto alla direzione de «LaRegione», onde ottenere una rettifica. Il testo della rettifica – concordato tra le parti – è stato pubblicato dal giornale il 16 settembre 2022 (cfr. il doc. 3 allegato al reclamo e il doc. E allegato alla risposta della resistente).

B. Il 9 dicembre 2022 B., patrocinatore legale di A., ha presentato, a titolo personale (cfr. lo scritto e-mail 21 dicembre 2022 di B. agli atti), reclamo al Consiglio svizzero della stampa nei confronti de «LaRegione». A dire del reclamante, ripubblicando quella prima pagina (sia pure per celebrare i 30 anni dalla prima edizione), la redazione de «LaRegione» avrebbe scientemente reiterato le false informazioni fornite allora sul conto di A. Avrebbe di conseguenza disatteso la Cifra 1 (dovere di verità) e la Cifra 7 (rispetto della vita privata delle persone) della «Dichiarazione dei doveri e dei diritti del giornalista» (in seguito: «Dichiarazione»), nonché la relativa Direttiva 3.3 (obbligo di verifica nel contesto della pubblicazione di documenti d’archivio). In conclusione, con l’accoglimento del suo gravame, il reclamante ha protestato spese, tasse e ripetibili a carico della resistente.

C. Il 20 febbraio 2023, per il tramite del suo legale, l’editore de «LaRegione», ha preso posizione sul reclamo, postulandone la reiezione sia in ordine (reclamo irricevibile), sia nel merito. In ordine, la resistente ha sollevato dubbi in merito alla tempestività del reclamo. Ha quindi rilevato in particolare che, trattandosi di «contenuto manifestamente promozionale e celebrativo», la pubblicazione in parola esulerebbe dalla competenza decisionale del Consiglio della stampa, venendo del resto meno ogni tema o profilo deontologico. Si tratterebbe comunque di un caso di poca entità per il quale il giornale si è scusato ed ha preso provvedimenti correttivi, pubblicando immediatamente un testo di rettifica concordato tra le parti. In ogni caso, l’errore sarebbe avvenuto in modo del tutto involontario e in buona fede, a seguito di un’iniziativa del servizio marketing del quotidiano. A mente della resistente, la sentenza di condanna da parte del Segretario assessore della Pretura di Bellinzona dipenderebbe solo da quanto allora pubblicato a pagina 7 del giornale (in cui, in relazione ad A., si parlava esplicitamente di complicità nell’omicidio) e non in prima pagina, dove il giornale si sarebbe invece limitato a riferire che questi era «implicato nella vicenda». La resistente non ha mancato infine di stigmatizzare il fatto che, dopo aver agito quale patrocinatore di A. e concordato con il giornale una misura riparatrice, B. abbia promosso, in relazione alla medesima pubblicazione, un reclamo al Consiglio della stampa a titolo personale.

D. Il 3 marzo 2023 il Consiglio della stampa ha comunicato alle parti che il reclamo sarebbe stato discusso e deciso dalla 1. Camera, così composta: Susan Boos, presidente, Luca Allidi, Dennis Bühler, Ursin Cadisch, Michael Herzka, Francesca Luvini e Casper Selg.

E. La 1. Camera del Consiglio della stampa ha discusso il reclamo e pronunciato la presente presa di posizione nella sua seduta del 31 maggio 2023 e, in seguito, per corrispondenza.

II. Considerazioni

1. Sulle questioni d’ordine (presupposti di entrata nel merito del reclamo): Il reclamo è stato inoltrato nel rispetto del termine di tre mesi dalla pubblicazione in oggetto (art. 11 cpv. 1, quinto sottopunto, del Regolamento) ed è pertanto tempestivo.

B. – come chiunque altro – è senz’altro legittimato a promuovere il reclamo in oggetto (art. 7 cpv. 1 del Regolamento). I rimproveri che, comprensibilmente, possono essere mossi a B. sul piano della deontologia professionale in ordine al suo pregresso ruolo di rappresentante legale di A. nel contesto di questa medesima vicenda sfuggono alla competenza di questo Consiglio.

A mente della resistente, la pubblicazione in esame esulerebbe dalla competenza decisionale del Consiglio della stampa, trattandosi di contenuto «propagandistico» e non redazionale. A sostegno di tale argomentazione la resistente ha invocato la presa di posizione 1/2019 del Consiglio della stampa e, in particolare, il relativo considerando n. 8. La tesi non può essere condivisa. Proprio in quella presa di posizione (una presa di posizione di propria iniziativa ai sensi dell’art. 7 cpv. 2 del Regolamento), questo Consiglio ha avuto modo di precisare che la competenza del Consiglio svizzero della stampa si estende ad ogni pubblicazione di carattere giornalistico. È in questo ambito che la verifica del rispetto della deontologia ha la sua ragione di essere. Nei casi in cui il carattere giornalistico appaia incerto, il Consiglio della stampa verifica se i responsabili della controversa pubblicazione si ritengono o meno vincolati alle norme deontologiche della professione, oppure se hanno in qualche modo un rapporto con le stesse. Se la risposta è affermativa, il Consiglio si dichiara competente (cfr. presa di posizione 1/2019, cons. 3 e 4). Il criterio discriminante e decisivo ai fini della competenza è dunque il carattere giornalistico della pubblicazione. Al considerando 8 della presa di posizione 1/2019, proprio quello invocato dalla resistente, si precisa al riguardo che «questa definizione esclude dunque in linea di principio i siti di pura propaganda, le pubblicazioni dei partiti politici, delle organizzazioni economiche, sia padronali, sia sindacali, di associazioni della società civile, laddove i contenuti riflettono strategie militanti o ideologiche e prescindono da preoccupazioni di indipendenza o di pluralismo». Da quanto precede – e a prescindere dal fatto che la pubblicazione di quella storica prima pagina sia avvenuta a scopo commemorativo e in qualche misura promozionale – a mente di questo Consiglio il contenuto della pubblicazione in sé ha carattere giornalistico (si tratta della prima pagina di un noto quotidiano di informazione). Non da ultimo alla luce della gravità dei fatti e dei comportamenti attribuiti all’interessato, quel contenuto, indipendentemente dal suo format e dalla sua veste grafica, ricade sotto la responsabilità della direzione e della redazione de «LaRegione», i cui titolari si ritengono senz’altro vincolati alle norme deontologiche della professione, così come ai principi di indipendenza e pluralismo.

Il tema del presente reclamo – il rimprovero mosso alla redazione de «LaRegione» di avere (nuovamente) attribuito ingiustamente ad A. (citandone il nome per esteso) un ruolo in un assassinio – non può evidentemente essere considerato un caso di poca entità (art. 11 cpv. 1, quarto sottopunto, del Regolamento).
Per tutte queste ragioni – e nonostante le senz’altro lodevoli iniziative riparatrici tempestivamente intraprese dalla redazione in accordo con l’interessato – questo Consiglio ritiene ricevibile il reclamo ed entra pertanto nel merito.

2. Dovere di verità: Il primo dovere del giornalista è quello di ricercare la verità e di rispettare il diritto del pubblico di venirne a conoscenza («Dichiarazione», Cifra 1). La ricerca della verità è alla base dell’informazione (Direttiva 1.1).

Determinante è l’impressione generale che la pubblicazione suscita nel lettore. La prassi del Consiglio della stampa ammette che nei titoli si faccia ricorso a semplificazioni, a condizione però che siano immediatamente integrate e chiarite dall’occhiello, dal catenaccio (sommario) o dal «lead» (attacco dell’articolo).

Nel caso in esame, titolo e occhiello dell’articolo («Con l’arresto degli assassini svolta nel giallo di S. Vittore. Le manette sono scattate ai polsi di un ticinese, un italiano e un portoghese») inducono il lettore a ritenere, a torto, che il ticinese arrestato (che poco sotto nell’articolo si chiarirà essere A.) sia uno degli assassini o comunque che abbia avuto un ruolo nel delitto. Il testo nell’articolo, sempre pubblicato su quella prima pagina, non modifica affatto questa falsa impressione, ma si limita a precisare che «gli autori materiali del delitto sono gli altri due»; con ciò lasciando intendere che A. – «implicato nella vicenda» – avesse comunque un ruolo nell’assassinio, ancorché non quello di esecutore materiale. In realtà, come detto, A. fu arrestato contestualmente all’inchiesta su quei fatti per un’ipotesi di reato di tutt’altra natura (presunta falsa testimonianza) e fu rilasciato già il 13 settembre 1992, ovvero il giorno prima della controversa pubblicazione. Come ha sottolineato il Segretario assessore della Pretura di Bellinzona nella sentenza del gennaio 1997 – alla luce del rilascio immediato di A. e a fronte di un comunicato di polizia del 13 settembre 1992, in cui si leggeva che «sono stati arrestati 3 uomini (di cittadinanza italiana, spagnola e portoghese), tutti residenti a Lugano, i quali sono gli autori dell’assassinio» – prima di pubblicare la notizia (articolo del 14.09.1992), i responsabili del giornale non potevano esimersi dall’operare le necessarie verifiche ed approfondimenti circa i veri motivi che avevano condotto al fermo di A., ticinese e residente a C. (n.d.r.: comune ticinese diverso da Lugano) (cfr. il doc. 2 allegato al reclamo, in particolare alle pagine 7 e 10).

Ne viene che quanto pubblicato in quell’articolo sulla prima pagina de «LaRegione» del 14 settembre 1992 è oggettivamente contrario alla verità e disattende pertanto la Cifra 1 della «Dichiarazione». A mente di questo Consiglio, la ripubblicazione di quell’articolo (sia pure con tutt’altre finalità, ovvero per commemorare i 30 anni dall’uscita del primo numero del quotidiano) reitera tale violazione. In questo contesto non può del resto essere ignorata la prospettiva della persona chiamata in causa dalla ripubblicazione, la quale – a distanza di 30 anni – si vede nuovamente e ingiustamente associata (con nome e cognome) ad un grave fatto di sangue. Tanto più che, persino nel caso in cui avesse effettivamente commesso quel reato, a distanza di tanto tempo A. beneficerebbe senz’altro del diritto all’oblio (cfr. Direttiva 7.5).

Sotto il profilo della colpa, la particolarità di questo caso impone senz’altro una riflessione. Nel contesto della ripubblicazione di una pagina storica di un giornale a scopo commemorativo (simili iniziative sono peraltro assai usuali), i requisiti posti al dovere di verifica e relativo grado di approfondimento circa i contenuti non sono certo paragonabili a quelli che si impongono ad una prima pubblicazione (articolo di cronaca). Questo, vuoi in ragione del tempo trascorso, vuoi perché oggetto della pubblicazione sono non tanto i fatti narrati nella pagina, quanto la pagina stessa (in altre parole, il contenitore diventa il contenuto). Nel caso di specie è vero d’altro canto che la direzione de «LaRegione» non poteva non sapere che, a seguito di un articolo pubblicato in prima pagina sul primissimo numero del giornale, i responsabili della testata sono stati citati in giudizio civile e condannati a versare un risarcimento per torto morale (al riguardo, cfr. pure il doc. E allegato alla risposta della resistente).

Del resto, anche nel contesto della pubblicazione di documenti d’archivio, va sempre valutato se la persona interessata «si trovi sempre nella stessa situazione» (Direttiva 3.3). Date le circostanze, la redazione del giornale avrebbe quanto meno dovuto accompagnare la pubblicazione commemorativa con una breve didascalia, nella quale si precisava che A. fu allora chiamato in causa per errore e che egli non ebbe in realtà alcun ruolo nell’assassinio. Omettendo tale precisazione, la redazione ha disatteso (anche) il suo dovere di non omettere informazioni o elementi di informazione importanti («Dichiarazione», Cifra 3).

3. Rispetto della vita privata delle persone: Il giornalista ha il dovere di rispettare la vita privata delle persone, quando l’interesse pubblico non esiga il contrario («Dichiarazione», Cifra 7). Il giornalista mette sempre a confronto il diritto del pubblico all’informazione e il diritto delle persone alla protezione della loro sfera privata. La menzione dei nomi e/o l’identificazione della persona è lecita: se, in rapporto all’oggetto del servizio, la persona appare in pubblico o acconsente in altro modo alla pubblicazione; se la persona è comunemente nota all’opinione pubblica e il servizio si riferisce a tale sua condizione; se riveste una carica politica oppure una funzione dirigente nello Stato o nella società, e il servizio si riferisce a tale sua condizione; se la menzione del nome è necessaria per evitare un equivoco pregiudizievole a terzi; se la menzione del nome o l’identificazione è in altro modo giustificata da un interesse pubblico prevalente. Se l’interesse alla protezione della sfera privata delle persone prevale sull’interesse del pubblico all’identificazione, il giornalista rinuncia alla pubblicazione dei nomi e di altre indicazioni che la consentano a estranei o a persone non appartenenti alla famiglia o al loro ambiente sociale o professionale, e ne verrebbero pertanto informati solo dai media (Direttiva 7.2).

Nel caso in esame, l’articolo identifica chiaramente A. menzionandone nome, cognome, domicilio e attività professionale. Nessuno dei presupposti suscettibili di giustificare eccezionalmente la menzione del nome e/o l’identificazione illustrati dalla Direttiva 7.2 risulta in concreto soddisfatto. Neppure la resistente afferma peraltro il contrario.

Ne viene che la pubblicazione disattende pertanto anche la Cifra 7 della «Dichiarazione», con particolare riferimento alla relativa Direttiva 7.2. Anche in questo caso, la ripubblicazione dell’articolo (sia pure nel contesto di un’iniziativa commemorativa) reitera tale violazione.

È senz’altro comprensibile e legittimo che «LaRegione», in occasione del suo trentennale, non volesse rinunciare a pubblicare la prima pagina del suo primo numero. Date le circostanze – così come ha fatto questo Consiglio nella presente presa di posizione – la redazione del giornale avrebbe però dovuto oscurare ogni riferimento suscettibile di identificare colui che, su quella prima prima pagina, fu allora chiamato in causa a torto ed associato ad un grave fatto di sangue.

Alla direzione e alla redazione de «LaRegione» va comunque dato atto di essersi attivate con la massima sollecitudine per porre rimedio in modo efficace all’errore commesso. Il tutto a soddisfazione del diretto interessato, il quale non ha ritenuto da parte sua di presentare reclamo.

4. Con l’accoglimento del suo gravame, il reclamante ha protestato spese, tasse e ripetibili a carico della resistente. Se non che – trattandosi di un (primo) reclamo di un privato non rappresentato da un legale – al reclamante non è stato addebitato alcun contributo spese. D’altro canto, la procedura davanti al Consiglio della stampa non prevede l’assegnazione di indennità a titolo di ripetibili alle parti (art. 20 del Regolamento).

III. Conclusioni

1. Il reclamo è accolto.

2. Ripubblicando il 14 settembre 2022 – contestualmente ad un’iniziativa commemorativa (per i 30 anni dall’uscita del primo numero del giornale) – l’articolo pubblicato sulla prima pagina della prima edizione della testata il 14.09.1992 («Con l’arresto degli assassini svolta nel giallo di S. Vittore. Le manette sono scattate ai polsi di un ticinese, un italiano e un portoghese») – e con ciò (nuovamente) attribuendo a torto ad A. (citandone il nome per esteso) un ruolo in un assassinio – «LaRegione» ha violato la Cifra 1 (dovere di verità), la Cifra 3 (omissione di informazioni importanti) e la Cifra 7 (rispetto della vita privata delle persone) della «Dichiarazione dei doveri e dei diritti del giornalista».