Nr. 47/2006
Dovere di verità / Ascolto in caso di addebiti gravi ; Presa del posizione del Consiglio della stampa del 3 novembre 2006

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I. I fatti

A. Nel numero 6/2004 (Settembre 2004) del periodico «La Borsa della Spesa», pubblicato dall’Associazione Consumatrici della Svizzera italiana (ACSI), sotto il titolo «Stessa persona, identica risposta ma a costi diversi!», si riferiva dell’esperienza di una lettrice rivoltasi alla «hotline» del periodico concorrente «Spendere Meglio», alla tariffa di fr. 2.50 per minuto, per un’informazione relativa a un contratto d’affitto. Insoddisfatta della risposta, a suo dire incerta, la persona si era in seguito rivolta (alla tariffa normale di una conversazione telefonica) al servizio di consulenza dell’Associazione inquilini. La sua sorpresa fu grande nel constatare che all’altro capo del filo c’era la stessa persona a dare le risposte. «Come è possibile – si domandava la lettrice – che un giornale per i consumatori faccia pagare le telefonate così care quando è possibile avere le stesse informazioni a prezzo normale?». L’articolo si concludeva con un commento: si fosse rivolta dapprima all’ACSI, sarebbe stata indirizzata direttamente al numero dell’Associazione inquilini.

B. Il 28 agosto 2005 l’editore di «Spendere Meglio», Matteo Cheda, ha presentato un reclamo al Consiglio della stampa asserendo che «La Borsa della Spesa» aveva violato, con l’articolo del settembre 2004, il dovere di verità (Cifra 1 della «Dichiarazione dei doveri e dei diritti del giornalista») e il dovere di ascolto in caso di addebiti gravi (Direttiva 3.8). Diversamente da quanto si sostiene nell’articolo, la consulenza giuridica presso l’Associazione inquilini sarebbe gratuita soltanto per i membri. Chi non è membro riceve gratuitamente solo la prima consulenza e non ha diritto a servizi ulteriori. Chiamando la «hotline» a pagamento di «Spendere Meglio», invece, non si sarebbe obbligati a rivelare la propria identità, né tenuti ad aderire a un’associazione.

C. Il 15 settembre 2005 la redattrice responsabile de «La Borsa della Spesa» comunicava al Consiglio della stampa di rinunciare a prendere posizione sul contenuto del reclamo. Venivano contestualmente prodotte la sentenza del Segretario assessore della Pretura di Lugano dell’8 ottobre 2004, quella della Prima Camera civile del Tribunale d’appello del 15 marzo 2005, e quella del Tribunale federale del 20 maggio 2005, con le quali i tre tribunali hanno dato ragione all’ACSI, e il diritto di risposta richiesto da Matteo Cheda, redattore di «Spendere Meglio», risultava respinto. In questi atti, secondo la parte convenuta, le ragioni de «La Borsa della Spesa» vi erano adeguatamente riprodotte.

D. Secondo l’art. 10 cpv. 7 del proprio Regolamento, la Presidenza del Consiglio della stampa può prendere direttamente posizione quando il contenuto del reclamo ricalchi sostanzialmente un caso oggetto di una precedente decisione, oppure non sia di significativa importanza.

E. Il 12 ottobre 2005. lo scambio epistolare era dichiarato chiuso e alle parti è stato comunicato che il reclamo sarebbe stato trattato dal Presidente Peter Studer e dalle due vicepresidenti, Sylvie Arsever e Esther Diener-Morscher.

F. La Presidenza ha elaborato per via di corrispondenza la presente Presa di posizione e l’ha approvata il 3 novembre 2006.

II. Considerandi

1. a) Oggetto della causa legale condotta fino al Tribunale federale contro la redazione de «La Borsa della Spesa» era il diritto di risposta che Matteo Cheda voleva farsi riconoscere dopo la pubblicazione di «Stessa persona, identica risposta ma a costi diversi!». In prima istanza, il Segretario assessore della Pretura era giunto alla conclusione che la lettera della lettrice esprimeva puramente un’opinione e pertanto non poteva giustificare un diritto di risposta. Diversamente dalla sentenza pretorile, il Tribunale d’appello constatava che almeno due erano i fatti riferiti nell’articolo; tuttavia, il mero confronto tra i prezzi di due telefonate, per accertare quale fosse la rivista dei consumatori che offre il miglior servizio, non risponde al presupposto dell‘ art. 28g cpv. 1 del Codice civile svizzero, che l’istante sia «direttamente toccato nella sua personalità». Certo, chi leggeva l’articolo poteva averne un’impressione negativa, ma il diritto di risposta suppone una contrapposizione di fatti, mentre commenti sfavorevoli potrebbero essere compresi in qualunque consiglio dato a un consumatore. Inveritieri non risultavano per altro essere né il rimprovero a «Spendere Meglio« di avere omesso l’informazione alla lettrice, che avrebbe potuto rivolgersi all’Associazione inquilini, né la circostanza incontrovertibile che la spesa per la telefonata risultava più alta nella consulenza offerta da «Spendere Meglio». Il Tribunale federale, nella sua sentenza, ha accolto in pieno le conclusioni della corte cantonale.

b) In precedenti prese di posizione, (per es. 19/2000), il Consiglio della stampa ha chiaramente indicato di non volersi pronunciare sull’interpretazione delle norme giuridiche circa il diritto di risposta, e che le sue decisioni considerano unicamente l’eventuale violazione delle norme deontologiche. In linea con questa pregiudiziale, il Consiglio non deve giudicare se «La Borsa della Spesa» abbia rifiutato legittimamente la pubblicazione della risposta all’articolo, ma unicamente verificare se il controverso articolo contravvenga – come l’istante afferma – a quanto prescrivono le cifre 1 (Dovere di verità), 3 (Direttiva 3.8. sull’obbligo di ascolto) e 5 (Rettifica) della «Dichiarazione». La sua è quindi una valutazione libera dei fatti, svincolata dalle constatazioni dei tribunali menzionati.

2. a) A giudizio dell’istante, con il suo articolo la «Borsa della Spesa» avrebbe falsamente indotto l’impressione che «Spendere Meglio» richiede fr.2.50 al minuto per una consulenza telefonica, altrimenti ottenibile gratuitamente oppure al costo di una normale telefonata. Anche se è la stessa persona a rispondere all’altro capo del filo, i servizi offerti sono diversi. Chi chiama tra le 10 e le 10.30 sulla «hotline» di «Spendere Meglio» non deve qualificarsi, e anche se chiama più volte non deve aderire all’associazione degli inquilini. È vero pure che il servizio offerto dall’Associazione degli inquilini è gratuito solo per i soci. A chi non è socio viene data una sola risposta sommaria gratuita, dopo di che lo si prega di lasciare il suo indirizzo e l’associazione lo contatta per lettera, per invitarlo ad aderire.

Sulla base della documentazione prodotta, al Consiglio della Stampa risulta certo almeno che entrambi i servizi erano gestiti dalla stessa persona e che per il servizio offerto dalla «hotline» di «Spendere Meglio» era fissata una tariffa maggiore di quella richiesta dalla consulenza telefonica dell’Associazione inquilini. È invece controverso in quale misura, rispettivamente. a quali condizioni, i non soci abbiano accesso alla consulenza telefonica gratuita di questa Associazione. L’istante fa valere che i non soci, se non fanno atto di adesione, non vengono più assistiti. L’affermazione non è sostenuta con prove ulteriori e pare contraddetta dalle informazioni che si leggono sul sito Internet dell’Associazione inquilini. Secondo il sito Web, non vengono offerte consulenze a chi non si identifica, e una documentazione in vista dell’adesione viene mandata dopo il primo contatto, ma si sottolinea che l’adesione è libera, anche se vivamente consigliata. Non si può escludere che anche i non soci, che inoltre neppure intendono diventarlo, possano usufruire di più di una consulenza telefonica. Il Consiglio della stampa avrebbe desiderato approfondire di più questo confronto di offerte, ma è anche dell’opinione che una piccola imprecisione non può configurare ogni volta una violazione del dovere di verità (Presa di posizione 20/2004). Di conseguenza, nel caso specifico, non può constatare una violazione della cifra 1 della «Dichiarazione». «La Borsa della Spesa» non era perciò nepp
ure tenuta a pubblicare una rettifica (cifra 5 della «Dichiarazione»).

3. a) Secondo la Direttiva 3.8 della «Dichiarazione dei doveri», i giornalisti sono tenuti, prima della pubblicazione di addebiti gravi, a sentire il parere della persona accusata. «La presa di posizione di questi ultimi deve essere pubblicata nello stesso articolo o nella stessa emissione, in modo corretto e breve. Si può eccezionalmente prescindere dall’ascolto della parte criticata, quando lo giustifichi un interesse pubblico preponderante. Nell’articolo o nell’emissione, la parte oggetto di gravi rimproveri non deve avere lo stesso spazio delle critiche che la concernono. Però dev’esserle consentito di esprimersi sugli addebiti gravi».

b) Nella sua Presa di posizione 14/2001 il Consiglio della stampa ha postulato che il principio «audiatur et altera pars» debba valere anche per gli organi di difesa dei consumatori. Ciò non implica che in occasione di test e di confronti tra prodotti siano da consultare tutti gli interessati prima di ogni giudizio. L’ascolto è obbligatorio solo quando una conclusione o un’affermazione che tocca un certo prodotto o un certo servizio equivalgono a un addebito grave (cf. anche la Presa di posizione 17/2000 sull’informazione dei consumatori).

c) Il rimprovero mosso a «Spendere Meglio», di far pagare fr. 2.50 al minuto una consulenza telefonica altrimenti ottenibile gratuitamente, è davvero di una tale gravità da esigere l’ascolto della parte criticata? Il Consiglio della stampa condivide l’opinione dell’istante, che quel rimprovero non era un complimento per un organo di difesa dei consumatori. Il rimprovero della «Borsa della Spesa», tuttavia, non è grave come potrebbe essere un’accusa di illegalità o di un comportamento socialmente inaccettabile. Per questa ragione, anche se per il pubblico la pubblicazione della risposta di «Spendere Meglio» sarebbe stata auspicabile, un’obbligo preciso di pubblicazione non può essere affermato.

III. Conclusione

Il reclamo è respinto.