I. I fatti
A. Il 5 marzo 2005 «la Regione» pubblicava un articolo firmato Daniele Fontana, sotto il titolo «Precetto per la libertà», in cui si dava notizia di un precetto esecutivo spiccato contro la Commissione tutoria regionale di Pregassona, per un importo di 680 mila franchi. La richiesta era descritta come l’ultimo atto di una vicenda lunga e complessa, durata anni e ingarbugliatasi all’inverosimile, attorno alla custodia di un bambino che aveva ormai raggiunto i sette anni di età.
La storia era cominciata a causa di problemi, personali e psichici, che la madre nubile del bambino aveva manifestato fin dalla nascita di questi, problemi che escludevano di affidare a lei la custodia del neonato. Il padre e i genitori di lui si erano perciò presi in sua vece l’incarico di accudirlo. Più tardi la Delegazione tutoria del Comune ha assegnato l’autorità parentale ai nonni paterni e la custodia del bimbo al padre, che viveva con loro. Successivamente vi fu l’accoglimento di una richiesta di cambiamento del cognome del bambino, che alla nascita aveva assunto il cognome della madre, piché i genitori non erano coniugati. All’inizio del 2004 fu presentata da parte dei nonni un’istanza di estendere anche al padre la custodia.
L’istanza, invece di porre fine alla vicenda tenendo conto di questo sviluppo, ha provocato la richiesta di audizione del bambino senza la presenza del padre e dei nonni da parte della nuova autorità competente, che dopo la riorganizzazione cantonale è divenuta la «Commissione tutoria regionale 8», sede di Pregassona (in seguito: CTR8). La loro opposizione fu giudicata irricevibile dall’autorità di sorveglianza. Respinta anche la richiesta che l’audizione potesse aver luogo in casa dei nonni, alla presenza loro e del padre da parte della CTR8. In seguito a ciò la domanda di estensione della custodia al genitore fu ritirata. La procedura pareva a questo punto conclusa; senonché la CTR8 ritenne di dover chiedere ai Servizi sociali un rapporto sulla famiglia che ospitava il bambino. Esasperati, i nonni reagirono spostando il proprio domicilio in un altro cantone, in una località ove possedevano una casa di vacanza. Di lì a poco, tuttavia, una lettera della CTR8 fu inviata alle autorità del nuovo comune di residenza, lettera in cui si precisava che la custodia del bimbo era sempre affidata ai nonni e che un’audizione del piccolo era ancora nelle intenzioni della CTR8. Questo atteggiamento, in quanto mai motivato adeguatamente, secondo la famiglia non poteva essere interpretato che come una persecuzione: l’invio del precetto esecutivo era perciò da ritenere il prodotto di una situazione esasperata. Il piccolo aveva trovato finalmente una famiglia, la sua famiglia. Adesso doveva essere lasciato in pace.
B. L’11 aprile 2005 la CTR8 ha presentato un reclamo al Consiglio della Stampa, sostenendo che l’articolo della «Regione» conteneva gravi errori di fatto e muoveva addebiti gravi alla Commissione senza che questa fosse stata interpellata. «La Regione» avrebbe perciò violato la Direttiva 1.1. (Il rispetto della verità) e la Direttiva 3.8. (Dovere di ascolto in caso di gravi addebiti) della «Dichiarazione dei doveri e dei diritti del giornalista».
C. Il 18 maggio 2005 l’autore dell’articolo, Daniele Fontana, a nome della redazione della «Regione», ha proposto la reiezione del reclamo. L’articolo era stato redatto sulla base di copie di atti ufficiali, per cui non si giustificava l’accusa di non aver approfondito la ricerca. Inoltre, voleva essere in primo luogo la storia di una sfortunata famiglia, non un’accusa alla CTR8, per cui un incontro con la medesima non era necessario. La CTR8 si sarebbe trovata inoltre nell’impossibilità di rivelare segreti d’ufficio.
D. La Presidenza del Consiglio della stampa ha incaricato di trattare il caso la Prima Camera, composta da Peter Studer (presidente), Luisa Ghiringhelli Mazza, Pia Horlacher, Philip Kübler, Kathrin Lüthi, Edy Salmina e Francesca Snider.
E. Le parti hanno potuto esprimersi sulla composizione della Camera il 1. e 2 giugno, chiedendo la ricusa di Luisa Ghiringhelli (la CTR8) e di Edy Salmina («laRegione»).
F. La Camera ha discusso il reclamo nella seduta del 15 luglio 2005 e in seguito per corrispondenza. Luisa Ghiringhelli Mazza ed Edy Salmina si sono ricusati.
II. Considerandi
1. L’art. 1 della «Dichiarazione» impone al giornalista di ricercare la verità. Deriva da questo principio il dovere di «esaminare accuratamente i dati accessibili e disponibili» (Direttiva 1.1). «La Regione» è credibile quando afferma di essersi basata, nella preparazione dell’articolo, sui dati contenuti nelle copie degli atti ufficiali messi a sua disposizione dalla famiglia. Questa circostanza (riservata la questione del dovere di ascolto, di cui si dirà al punto 1.a) svuota di contenuto l’addebito di non aver compiuto una ricerca adeguata. I giornalisti devono potersi fidare dell’esattezza del contenuto di atti ufficiali. Il Consiglio della stampa non è in grado di giudicare, sulla base degli atti sottopostigli dalle parti, se dai documenti in suo possesso la redazione dovesse già rendersi conto che l’autorità si era comportata in modo corretto – rimprovero, questo, fatto valere aggiuntivamente nel reclamo della CTR8.
2.a) La Direttiva 3.8. recita: «Dal principio di equità e dalla regola etica che prescrive di ascoltare anche l’altra parte (‹audiatur et altera pars›) deriva il dovere dei giornalisti, prima della pubblicazione di rimproveri gravi, di sentire gli interessati. La presa di posizione di questi ultimi deve essere pubblicata nello stesso articolo o nella stessa emissione, in modo corretto e breve. Si può eccezionalmente prescindere dall’ascolto della parte criticata, quando lo giustifichi un interesse pubblico preponderante. Nell’articolo o nell’emissione, la parte oggetto di gravi rimproveri non deve avere lo stesso spazio delle critiche che la concernono. Però dev’esserle consentito di esprimersi sugli addebiti gravi.»
b) La CTR8 fa valere che formulazioni come: «l’intervento di autorità esterne si fa francamente incomprensibile»; «inizia così la prima fase del ‹tormento› nella vicenda del piccolo F.»; «interpretata l’antifona»; «la Ctr8 non si rassegna»; «la ‘lunga mano’ dell’autorità segue la famiglia anche in questo suo spostamento» siano da considerare addebiti gravi. Il Consiglio della stampa accetta questo punto di vista, anzi considera che, anche a prescindere dalla gravità dei singoli addebiti, nel lettore non prevenuto l’articolo desta la sensazione che la Ctr8 abbia abusato dei suoi poteri. Più grave ancora è che le decisioni dell’autorità tutoria siano presentate senza un adeguato accenno alle motivazioni che le sostengono. Dare al lettore l’immagine di un’autorità tutoria – il cui mandato consiste precisamente nella salvaguardia del bene del minore – che si comporta in modo abusivo, addirittura persecutorio, rappresenta certamente un addebito grave secondo le Direttive. Prima di pubblicare l’articolo era dunque obbligatorio per «la Regione» raccogliere l’avviso della CTR8.
c) Nel caso di gravi addebiti il dovere di raccogliere il parere della CTR8 sussiste dal punto di vista deontologico anche se al centro dell’articolo si trova la famiglia del bambino e non la CTR8. Tale dovere incombe alla redazione anche se l’autorità o la persona cui sono rivolte le critiche è tenuta al rispetto del segreto d’ufficio (Presa di posizione 62/2003).
III. Conclusioni
1. Il reclamo della CTR8 è parzialmente accolto.
2. «la Regione» aveva l’obbligo di raccogliere il parere della CTR8 prima della pubblicazione dell’articolo «Precetto per la libertà». Omettendo di farlo, essa ha violato la Direttiva 3.8. della «Dichiarazione dei doveri e dei diritti del giornalista».
3. Le altre argomentazioni del reclamo sono resp
inte.