I. I fatti
A. Il 13 ottobre 2007 il «Giornale del Popolo» dava notizia in prima pagina, sotto il titolo «In manette ex detenuto e ‹secondino› corrotto», dell’arresto di un ex detenuto e di un agente di custodia del penitenziario cantonale «La Stampa». Dal sommario che segue il titolo si rilevava che l’inchiesta era ancora in corso e che le ipotesi di reato spaziavano dalla corruzione attiva alla violazione del segreto d’ufficio. Non sarebbe esclusa anche la pianificazione di un’evasione. A pag. 3 della stessa edizione figurava un articolo dal titolo: «‹Secondino› in manette assieme a ex detenuto».
B. Il 17 ottobre 2007, X. ha presentato un reclamo al Consiglio della stampa, sostenendo che il titolo «In manette ex detenuto e ‹secondino› corrotto» viola la Direttiva 7.5 annessa alla «Dichiarazione dei doveri e dei diritti dei giornalisti» in quanto non rispetta la presunzione di innocenza. Pur ammesso che nel testo sottostante e nell’articolo pubblicato a pag. 3 si precisa correttamente che l’inchiesta è ancora in corso, il titolo di prima pagina, secondo l’istante, dà l’ipotesi di reato come un fatto accertato, che cioè l’agente di custodia si sia reso colpevole di corruzione passiva.
C. Nella risposta al reclamo del 4 novembre 2007, il direttore del «Giornale del Popolo» Claudio Mésoniat ammette: «C’è poco da dire, se non che abbiamo sbagliato e ci scusiamo (come abbiamo già fatto con un membro della famiglia X. a noi particolarmente vicino, in quanto nostro collaboratore esterno)». L’errore fu dovuto all’inesperienza di un giovane redattore e all’assenza del suo superiore diretto.
D. Secondo l’art. 12 cpv. 1 del Regolamento del Consiglio della stampa, quando il reclamo corrisponde sostanzialmente a casi oggetto di precedenti decisioni, oppure sia d’importanza minore, la sua trattazione è di competenza della Presidenza.
E. La Presidenza del Consiglio della stampa, composta del Presidente Dominique von Burg e dei vicepresidenti Esther Diener-Morscher ed Edy Salmina, ha deliberato la seguente presa di posizione il 30 dicembre 2008 per via epistolare.
II. Considerandi
1. La Direttiva 7.5 annessa alla «Dichiarazione» prescrive che nei procedimenti giudiziari va tenuto conto della presunzione di innocenza. Come per quanto riguarda la menzione dei nomi, la prescrizione va osservata non solo nei resoconti del processo in senso stretto ma anche nelle notizie che riguardano un procedimento in corso e/o la sua prevedibile conclusione. L’obbligo deontologico di rispettare la presunzione di innocenza è in relazione soprattutto con la cifra 7 della «Dichiarazione» circa il rispetto della vita privata delle persone, e rappresenta perciò un elemento centrale del giornalismo corretto.
Nella prassi del Consiglio della stampa (cfr. Presa di posizione 6/2005), la Direttiva 7.5 è applicata nel senso che, nel riferire di un procedimento penale in corso o di una condanna penale, si deve evitare anche di dare la falsa impressione che il giudizio sia definitivo.
2. La presunzione di innocenza appare rispettata nell’articolo, ma la violazione della Direttiva può essere rappresentata dal titolo. Il Consiglio della stampa si è espresso in questo senso nella Presa di posizione 32/2000, circa l’arresto di un esponente del giro ticinese della canapa: «Semplificazioni eccessive nei titoli o nei lead – che non riassumono una questione, ma la falsano – destano in una parte del pubblico un’impressione contraria ai dati di fatto». Con la stessa motivazione, il Consiglio della stampa ha ritenuto scorretto un titolo (cfr. Presa di posizione 61/2003) in cui l’accusa di abuso di fondi di una colletta era presentata come un dato di fatto prima del giudizio del tribunale.
3. Nella Presa di posizione 21/2007, il Consiglio della stampa si è posto l’interrogativo se il rispetto della presunzione di innocenza valga anche nel caso in cui l’accusato non sia reso riconoscibile dalla pubblicazione all’infuori della ristretta cerchia sociale cui appartiene. Tenuto conto dello stretto rapporto tra presunzione di innocenza e rispetto delle persone, l’interrogativo è perlomeno lecito. L’esigenza del rispetto della Direttiva 7.5 esige dunque di considerare anche se e in quale misura influisca la distanza temporale tra l’articolo di stampa e la condanna penale, oppure se un danno non sia da dedurre dal possibile influsso che l’articolo può avere avuto sulle persone dei giudici. Nel caso citato, il Consiglio della stampa era però giunto alla conclusione che una violazione della presunzione di innocenza non era data, perché da una lettura superficiale del titolo e del lead nessuno che non appartenesse alla ristretta cerchia sociale dell’accusato era in grado di riconoscerne l’identità, mentre chi avesse letto l’articolo nella sua interezza, e in tal caso fosse giunto a riconoscere la persona, sarebbe comunque stato edotto che il procedimento non era concluso.
4. Prendendo spunto dalle considerazioni che precedono, il Consiglio della stampa constata che dall’articolo del «Giornale del Popolo» l’agente di custodia arrestato non sarebbe stato riconosciuto all’infuori di un ristretto ambito professionale, familiare o sociale. Ciò considerando la pura e semplice lettura del titolo «In manette ex detenuto e ‹secondino› corrotto» – una formulazione sicuramente infelice, perché eccessiva nel senso nell’accusa di corruzione. Tuttavia, diversamente che nei casi descritti nelle Prese di posizione 32/2000 e 61/2007, appare al Consiglio della stampa inverosimile sostenere che il lettore ne potesse venire fuorviato. Si potrebbe discutere se la forzatura del titolo non contravvenga quanto prescrive la cifra 1 della «Dichiarazione» (Rispetto della verità). Ma la violazione della presunzione di innocenza nel caso specifico non sussiste.
III. Conclusioni
1. Il reclamo è respinto.
2. Il «Giornale del Popolo» non ha violato la «Dichiarazione dei doveri e dei diritti dei giornalisti» pubblicando il titolo «In manette ex detenuto e ‹secondino› corrotto».