Zusammenfassung
Der Schweizer Presserat hat eine Beschwerde gegen den «Corriere del Ticino» in den wesentlichen Punkten gutgeheissen. Der «Corriere» hatte im Dezember 2018 über einen Freispruch für den Lokalpolitiker Donatello Poggi vor Bundesgericht berichtet: Das Gericht habe festgestellt, dass Poggi den Genozid in Srebrenica nicht verleugnet habe. Laut Presserat war das teilweise falsch.
Gegen den Bericht wurde Beschwerde eingereicht. Der Journalist habe sich nicht minimal bemüht, die Wahrheit zu prüfen, habe lediglich eine Partei zu Wort kommen lassen und nicht alle zur Verfügung stehenden Informationen berücksichtigt. Das Bundesgericht habe im Gegenteil festgestellt, ein Durchschnittsleser müsse Poggis Texte als Verleugnung verstehen. Poggis Recht auf freie Meinungsäusserung wiege aber schwerer und sei zu respektieren, was den Freispruch zur Folge hatte.
Der «Corriere del Ticino» räumte ein, ungenau berichtet zu haben. Er führte jedoch an, die Informationen des Gerichts seien erst später publiziert worden, und die Redaktion habe sie verifiziert.
Der Presserat beurteilt die Nachfrage der Zeitung lediglich beim Beschuldigten Poggi und dessen Anwalt nicht als Verifikation. Dass das Bundesgericht seine Medienmitteilung und das Urteil erst später publiziert hätten, sei irrelevant. Denn eine Nachfrage bei der juristischen Gegenseite oder beim Gericht wäre möglich gewesen. Somit habe die Zeitung einseitig und mit unüberprüften Informationen berichtet. Das verstösst gegen die Pflicht zur Wahrheitssuche.
Der «Corriere del Ticino» hat seinen ungenauen Bericht zudem nicht pflichtgemäss berichtigt. In anderen Beschwerdepunkten sah der Presserat keine Verletzung des Journalistenkodex.
Résumé
Le Conseil suisse de la presse a accepté une plainte contre le «Corriere del Ticino» dans ses principaux points. Le «Corriere» avait rendu compte en décembre 2018 de l’acquittement d’un politicien local par le Tribunal fédéral: selon le quotidien, le tribunal aurait constaté que Donatello Poggi n’avait pas nié le génocide de Srebrenica. C’était partiellement faux, estime le Conseil de la presse.
Une plainte a été déposée contre ce compte rendu. Le journaliste n’aurait pas fait le moindre effort pour examiner la vérité, entendu une seule des parties et pas tenu compte de toutes les informations disponibles. Le Tribunal fédéral avait en réalité constaté qu’un lecteur lambda ne pouvait qu’interpréter le texte de Donatello Poggi comme négationniste. La libre expression à laquelle ce dernier a droit pèse toutefois davantage et doit être respectée, constatation qui a amené le tribunal à l’acquitter.
Le «Corriere del Ticino» a reconnu le manque de précision de son compte rendu. Il a toutefois ajouté que les informations du tribunal n’avaient été publiées qu’ultérieurement et que la rédaction les avait vérifiées.
Le Conseil de la presse estime que la demande faite par le journal au seul prévenu, Donatello Poggi, et à son avocat n’est pas une vérification. Le fait que le Tribunal fédéral n’ait publié son communiqué de presse et son arrêt que plus tard n’est pas pertinent. Car une demande adressée à la partie adverse ou au tribunal aurait été possible. Le journal a donc rendu compte de l’affaire de manière unilatérale et au moyen d’informations non vérifiées. Il a porté atteinte au devoir des journalistes de chercher la vérité.
Le «Corriere del Ticino» n’a de plus pas rectifié son compte rendu imprécis comme il le devait. Sur les autres points de la plainte, le Conseil de la presse n’a constaté aucune atteinte au code de déontologie des journalistes.
Riassunto
Il Consiglio della stampa ha accolto nei punti essenziali un reclamo presentato contro il «Corriere del Ticino» per una notizia in parte errata pubblicata nel dicembre 2018 e poi non rettificata. Si trattava dell’assoluzione, da parte del Tribunale federale, del politico locale Donatello Poggi. L’accusato sarebbe stato, secondo il giornale, assolto dall’accusa di aver negato il genocidio di Srebrenica: in realtà l’Alta Corte aveva ritenuto prevalente nel caso la libertà di espressione.
Nel reclamo presentato al Consiglio della stampa, al giornalista si rimproverava di non aver verificato l’informazione fornitagli da una parte sola (l’accusato e il suo avvocato), omettendo di procurarsi informazioni già a quel momento disponibili. Nella sentenza del TF si legge fatti che un lettore comune avrebbe anche potuto interpretare le tesi di Poggi come negazioniste: nel caso prevaleva tuttavia il diritto alla libertà d’espressione.
Il «Corriere del Ticino» ammette di aver riferito in modo impreciso. Rileva tuttavia di aver ricevuto un comunicato del Tribunale federale solo dopo l’uscita dell’articolo. Il Consiglio della stampa ribadisce che il giornalista non doveva basarsi solo sulle informazioni fornite dalla parte interessata. Che il comunicato sia giunto solo dopo la pubblicazione è irrilevante. Informazioni potevano essere chieste per tempo sia allo stesso tribunale sia all’autore del ricorso. Attingendo a una fonte sola, il giornalista ha dunque violato il dovere di verifica iscritto nella Dichiarazione dei doveri del giornalista.
Inoltre, il «Corriere del Ticino» ha mancato al dovere di rettificare le imprecisioni contenute nel primo articolo. Altri punti del reclamo non sono stati presi in considerazione.
I. I fatti
A. Il 21 dicembre 2018 l’edizione online del «Corriere del Ticino» pubblicava un articolo dal titolo: «Donatello Poggi assolto a Losanna». L’autore, il giornalista Alan Del Don, informava che il 21 dicembre 2018 il Tribunale federale aveva accolto un ricorso di Donatello Poggi contro una condanna per ripetuta discriminazione razziale pronunciata dalla Corte d’Appello e di revisione penale di Locarno del giugno 2017. Donatello Poggi, ex granconsigliere, in quel momento impegnato sul piano politico regionale, confermava la notizia constatando che per i giudici di Mon Repos i due articoli da lui scritti nel 2912 non volevano negare il genocidio di Srebrenia. Il parere contenuto in quegli articoli sarebbe stato comunque, secondo i giudici, coperto dalla garanzia costituzionale della libertà di opinione. Poggi dichiarava al giornale: «È un giorno grande per tutti, per la libertà d’opinione e per la sacrosanta garanzia di poterla esprimere». Nel servizio si citava il parere dell’avvocato di Poggi: l’accusato avrebbe minimizzato i fatti senza tuttavia negare che fossero avvenuti. In parallelo Del Don citava il caso del nazionalista turco Doğu Perinçek, condannato dalla magistratura svizzera per negazione del genocidio degli armeni e poi assolto dalla Corte Europea dei Diritti Umani di Strasburgo perché la Svizzera avrebbe violato il suo diritto alla libertà di opinione.
B. Il 16 marzo 2019 un reclamo contro questo articolo è stato presentato da X. Esso violerebbe in più punti la «Dichiarazione dei doveri e dei diritti del giornalista» (in seguito: «Dichiarazione»). Violati sarebbero il Preambolo e le Cifre 1, 2, 3 e 5. Il giornalista non avrebbe, secondo il reclamante, fatto alcuno sforzo per cercare la verità, limitandosi a pubblicare il parere dell’accusato benché il Tribunale federale avesse sul caso pubblicato un comunicato (Cifra 1 della «Dichiarazione»). Non avrebbe inoltre fatto alcuna ricerca né fatto capo a tutte le informazioni disponibili (Direttiva 1.1, Ricerca della verità). Non avrebbe infine operato alcuna distinzione tra fatti e commenti, lasciando il lettore nell’incertezza se quel che veniva riportato era una opinione di Poggi o il parere del Tribunale federale (Direttiva 2.3. Separazione tra fatti e commenti).
Il giornalista avrebbe taciuto informazioni come la constatata (dal TF) lesione della dignità e della memoria di migliaia di persone (Cifra 3 della «Dichiarazione») omesso di verificare le informazioni ricevute dall’uomo politico (Direttiva 3.1., Rapporto con le fonti), omesso di citare un comunicato del Tribunale federale (Direttiva 3.2. Comunicati stampa). La mancata citazione del comunicato privava il lettore, secondo il reclamante, di elementi di conoscenza importanti. Inoltre, il giornalista avrebbe in seguito omesso di rettificare le informazioni errate o imprecise pubblicate nell’articolo (Cifra 5 della «Dichiarazione»). Nessuna messa a punto fu infatti pubblicata dal giornale fino alla data di presentazione del reclamo al Consiglio della stampa (Cifra 5.1 della Dichiarazione). Dal comunicato del Tribunale federale risultava infatti chiaro – diversamente da quanto sostenuto da Donatello Poggi – che per un lettore medio gli articoli costituivano una negazione del genocidio.
C. Il 25 marzo 2019, da parte di X., è stato inoltrato al Consiglio della stampa un complemento al reclamo. In causa l’articolo dal titolo: «Donatello Poggi in corsa per il Municipio», pubblicato sul sito online del «Corriere del Ticino» il 22 marzo 2019 a firma dello stesso giornalista. Nell’articolo Poggi conferma la presentazione della sua candidatura alle elezioni comunali del 2020. Il reclamante osserva che, di nuovo, Poggi sostiene di essere stato scagionato dall’accusa di ripetuta discriminazione razziale. Per il reclamante, la pubblicazione del «Corriere» significa ribadire un’informazione falsa, che del resto, un anno prima della scadenza elettorale, non aveva alcuna importanza.
D. Il 2 maggio 2018 il responsabile del «Newsdesk» del «Corriere del Ticino» ha preso posizione sul reclamo a nome del giornale. Egli respinge risolutamente l’accusa di aver taciuto le informazioni contenute nel comunicato del Tribunale federale. Non lo si sarebbe neppure potuto, perché il comunicato, al momento del primo articolo (21 dicembre 2018), non era stato ancora pubblicato: reca infatti la data del 27 dicembre. Lasciar via qualcosa che non si conosce non è un’omissione. Il contenuto della sentenza era stato rivelato al giornalista da due fonti: lo stesso Donatello Poggi e il suo avvocato. Visto ora il contenuto della sentenza, il giornale ammette che la notizia «non corrispondeva completamente a verità». Il proscioglimento dall’imputazione di discriminazione razziale era comunque un dato oggettivo. Le precisazioni arrivarono solo dopo, cioè il 27 dicembre. Il giornale esprime comunque stupore che il reclamante non abbia chiesto subito al giornale una rettifica.
Circa il complemento al reclamo: il giudizio se pubblicare o no la notizia della candidatura di Poggi spettava secondo il giornale alla redazione. Ed era del resto comprensibile che si giustificasse il ritorno di Donatello Poggi alla politica attiva con il rimando alla sentenza dell’anno prima. Per il giornale, questo secondo appunto del reclamante è da respingere in toto.
E. Il 12 maggio 2019 la Presidenza del Consiglio della stampa ha trasmesso il reclamo alla 1. Camera, così composta: Francesca Snider (presidente), Dennis Bühler, Ursin Cadisch, Michael Herzka, Klaus Lange, Francesca Luvini, Casper Selg.
F. La 1. Camera ha deliberato sul reclamo nella sua seduta del 24 giugno 2019 e in seguito per corrispondenza.
II. Considerazioni
1. Il reclamante addebita al giornalista mancanze al dovere di ricerca della verità (Cifra 1 della «Dichiarazione»). Egli avrebbe dimostrato scarsa cura nella verifica dei fatti. Avrebbe trascurato informazioni disponibili, come il comunicato della Corte. In tal modo egli avrebbe violato la Direttiva 1.1. (Rispetto della verità). Il «Corriere del Ticino» risponde che il comunicato del Tribunale federale fu reso noto solo sette giorni dopo la pubblicazione della notizia: il giornalista non poteva averne conoscenza.
È ovvio che un giornalista non disponga di informazioni se queste non risultano ancora pubblicate. Questo non lo esime tuttavia dall’approfondire il caso. Ma la Direttiva 1.1 parla di «dati accessibili e disponibili»: in questo caso una richiesta di informazioni presso il Tribunale federale sarebbe stata necessaria, visto che l’informazione proveniva da una fonte sola. La Direttiva 1.1. risulta perciò violata.
2. X. sostiene che il giornalista ha omesso un’informazione importante quando non ha citato la constatata offesa recata nei due articoli «alla dignità e alla memoria delle vittime, dei parenti, dei superstiti». Egli si è limitato a riportare le informazioni che gli fornivano Poggi e il suo avvocato, senza verificarle. Il «Corriere del Ticino» fa valere che al momento della pubblicazione non erano disponibili né il testo della sentenza né il comunicato del Tribunale, che citavano questo aspetto. A mente del Consiglio, che la dignità delle vittime e la memoria dell’eccidio non fossero ricordati nell’articolo può effettivamente dipendere dalla circostanza che la sentenza e il comunicato a quel punto non erano disponibili. Vale tuttavia sempre il rimprovero al giornalista di non aver verificato le informazioni che riceveva ascoltando tutte le parti interessate. La lettera della Direttiva 3.1. è precisa: l’accertarsi della provenienza di un’informazione e controllarne la veridicità è il primo dovere del giornalista. Nel caso, si sarebbe dovuto almeno informare il pubblico che al momento il testo della sentenza non lo si conosceva ancora. Invece si è dato per certo, usando l’indicativo, che i giudici avessero constatato che Poggi non aveva negato l’eccidio. A soddisfare l’esigenza di verifica non bastava sentire l’accusato e il suo avvocato: non erano «fonti tra loro indipendenti». Come esplicitato al Punto 1, tale mancata verifica è stata la causa delle imprecisioni e perciò potrebbe costituire violazione della Cifra 1 della Dichiarazione e del Punto 3.1. delle Direttive. Su questo punto tuttavia il Consiglio della stampa rinuncia a pronunciarsi.
3. Il reclamante sostiene anche che vi sia stata violazione della Direttiva 3.2 (Comunicati). Il Consiglio constata che la norma non è applicabile in questo caso. La Direttiva prescrive che «le comunicazioni emananti dalle autorità, dai partiti politici, dalle associazioni, dalle aziende o da altri gruppi d’interesse devono essere chiaramente indicate come tali». Poiché l’articolo non cita il Comunicato del Tribunale federale e, come argomenta il «Corriere del Ticino», la pubblicazione del comunicato è successiva al momento della pubblicazione, il Consiglio della stampa rinuncia a considerare questo punto.
4. Il reclamo contesta pure al «Corriere del Ticino» di non aver rettificato le informazioni errate pubblicate, violando in tal modo la Direttiva 5.1. Il giornale si limita a rispondere che alcuni particolari si erano appresi solo dopo la pubblicazione del Comunicato. La Direttiva su questo punto è tuttavia precisa: «il giornalista rettifica immediatamente e spontaneamente le informazioni errate da lui date». La violazione della Direttiva è accertata.
5. Il reclamante sostiene pure che il giornalista ha violato la disposizione che impone la separazione del fatto dal commento. Il pubblico sarebbe stato indotto in errore mischiando le ragioni della Corte e quelle dell’accusato. Si darebbe in questo caso violazione della Direttiva 2.3 (Distinzione tra fatti e commenti). Il «Corriere del Ticino» su questo punto non ha presentato osservazioni. La Direttiva 2.3. prescrive che «il giornalista deve mettere il pubblico nella condizione di distinguere il fatto dalla valutazione o dal commento del fatto medesimo». Nell’articolo questa distinzione risulta tuttavia dagli incisi: «ci ha confermato lo stesso ex granconsigliere», «ci ha spiegato l’avvocato Andrea Rotanzi». Il lettore era dunque in chiaro su chi attribuire questa o quella informazione. La Direttiva 2.3 (Distinzione tra fatti e commenti) non risulta perciò violata.
6. Nel complemento al reclamo, l’articolo «Donatello Poggi in corsa per il Municipio» è criticato dal reclamante: di nuovo errate informazioni sarebbero state propalate. Non c’era alcuna buona ragione, secondo lui, di tornare sul caso un anno prima della scadenza elettorale. Il «Corriere del Ticino» risponde che l’elettore doveva essere informato per tempo dell’intenzione di Poggi di candidarsi. Per sé un’eventuale condanna non avrebbe potuto impedirlo, ma l’avrebbe resa politicamente inopportuna. Circa la scelta di pubblicare, e su quale aspetto tornare in argomento, il «Corriere del Ticino» ha ragione: è la redazione che decide quando e che cosa si pubblica. E il rapporto tra la candidatura e il procedimento giudiziario, nonché con la sentenza, è evidente.
III. Conclusioni
1. Nei punti essenziali, il reclamo è accolto.
2. Con gli articoli del 21 dicembre 2018 («Donatello Poggi assolto a Losanna») e del 22 marzo 2019 («Donatello Poggi in corsa per il Municipio»), il «Corriere del Ticino» ha violato la Cifra 1 (Ricerca della verità) e la Cifra 5 (Rettifica) della «Dichiarazione dei doveri e dei diritti del giornalista», pubblicando versioni unilaterali e non verificate, risultate in parte false e omettendo la necessaria rettifica.
3. Per il rimanente il reclamo è respinto.
I. Sachverhalt
A. Am 21. Dezember 2018 erschien in der Online-Ausgabe des «Corriere del Ticino» der Artikel «Donatello Poggi assolto a Losanna». Darin berichtet der Journalist Alan Del Don, das Bundesgericht habe Poggis Rekurs gegen die Verurteilung wegen wiederholter Rassendiskriminierung gutgeheissen. Das Bundesgericht hebe damit das Urteil des Tessiner Appellationsgerichts vom Juni 2017 auf. Der freigesprochene Ex-Grossrat und heutige Lokalpolitiker Donatello Poggi bestätige den Freispruch des Bundesgerichts. Del Don konstatiert: Für die Richter von Mon Repos wollten die beiden Artikel Poggis aus dem Jahr 2012 nicht den Genozid in Srebrenica verleugnen. Es sei seine eigene Meinung, die von der verfassungsrechtlichen Meinungsäusserungsfreiheit geschützt werde. Poggi wird zitiert: «Ein historischer Tag für alle, für die die Meinungsfreiheit und Meinungsäusserungsfreiheit sakrosankt sind.» Im Weiteren wird Poggis Anwalt zitiert. Poggi habe wohl in einem gewissen Sinne die Fakten minimiert/bagatellisiert, jedoch nicht verleugnet. Abschliessend zieht Del Don eine einordnende Parallele zum Fall «Doğu Perinçek». Der türkische Nationalist wurde von Schweizer Gerichten wegen Verleugnung des Genozids an Armeniern verurteilt, am Europäischen Menschenrechtsgerichtshof jedoch freigesprochen. Die Schweiz habe sein Recht auf freie Meinungsäusserung verletzt.
B. Mit Schreiben vom 16. März 2019 erhob X. Beschwerde beim Schweizer Presserat. Er macht geltend, der Journalist habe gegen mehrere Richtlinien der «Erklärung der Pflichten und Rechte der Journalistinnen und Journalisten» (nachfolgend «Erklärung») verstossen habe. Er beruft sich auf die Präambel sowie die Ziffern 1, 2, 3 und 5 der «Erklärung».
Der Journalist habe sich nicht minimal darum bemüht, die Wahrheit zu recherchieren, indem er lediglich den Angeklagten zu Wort habe kommen lassen, obwohl das Bundesgericht eine Medienmitteilung verfasst habe (Ziffer 1 der «Erklärung»). Er habe ungenügend recherchiert und nicht alle zur Verfügung stehenden Informationen berücksichtigt (Richtlinie 1.1 Wahrheitssuche). Er habe zudem auch nicht zwischen Fakten und Kommentaren unterschieden. Dem Publikum sei nicht klar, was das Bundesgericht befunden habe und was die Meinung des Rekurrenten sei (Richtlinie 2.3 Trennung von Fakten und Kommentar). Der Journalist habe Informationen unterschlagen, indem er nicht über die festgestellte Verletzung der Würde und des Gedenkens Tausender Personen berichtet habe (Ziffer 3 der «Erklärung»). Er habe nicht versucht, die Auskünfte des Politikers zu verifizieren (Richtlinie 3.1 Quellenbearbeitung) und er habe die Medienmitteilung nicht erwähnt (Richtlinie 3.2 Medienmitteilungen). Gemäss X. wäre dies zum richtigen Verständnis des Hergangs wichtig gewesen. Ausserdem habe der Journalist die publizierten falschen oder ungenauen Informationen nicht richtiggestellt (Ziffer 5 der «Erklärung»). Bis zum Zeitpunkt des Verfassens der Beschwerde (16. März 2018) habe der Journalist es versäumt, die Geschichte richtigzustellen (Richtlinie 5.1 Berichtigungspflicht). Das Bundesgericht habe attestiert, dass ein Durchschnittsleser von einer Verleugnung ausgehen müsse, und nicht – wie fälschlich verbreitet – dass Donatello Poggi den Genozid von Srebrenica nicht verleugnet hätte.
C. Mit Schreiben vom 25. März 2019 reichte X. ein Addendum zur Beschwerde ein. Hier rügt der Beschwerdeführer den Artikel «Donatello Poggi in corsa per il Municipio» vom 22. März 2019 in der Online-Ausgabe des «Corriere del Ticino», verfasst von demselben Autor. Darin bestätigt Poggi seine Kandidatur für die Kommunalwahlen 2020. X. kritisiert, dass Poggi in diesem Zusammenhang wiederholen kann, dass das Bundesgericht ihn klar von der Verurteilung wiederholter Rassendiskriminierung freigesprochen habe. X. wirft dem «Corriere» vor, wiederholt falsche Fakten verbreitet zu haben. Es habe keine journalistische Relevanz bestanden, bereits ein Jahr vor den Wahlen darüber zu berichten.
D. Am 2. Mai 2019 nahm der Leiter Newsdesk im Namen des «Corriere del Ticino» Stellung. Er weist die Vorwürfe, der Journalist habe Informationen aus der Medienmitteilung des Bundesgerichts unterschlagen, dezidiert zurück. Er habe diese nicht unterschlagen können, weil diese zum Zeitpunkt der Publikation (21. Dezember 2018) noch nicht publiziert gewesen sei. Die Medienmitteilung sei erst am 27. Dezember 2018 publiziert worden. Fakten, die der Journalist nicht wisse, habe dieser nicht unterschlagen können.
Die Information über das Urteil habe der Journalist über zwei Quellen verifiziert: den Angeklagten Donatello Poggi und seinen Anwalt.
Der «Corriere del Ticino» räumt jedoch ein, dass es rückblickend und mit publiziertem Urteil nicht «ganz der Wahrheit entspricht», was auf der Webseite des «Corriere» publiziert worden sei. Konkret als der «Corriere» geschrieben hat, das Gericht habe befunden, die beiden Artikel von Donatello Poggi würden den Genozid von Srebrenica nicht verneinen. Zur Verteidigung wird geltend gemacht, diese Fakten seien erst am 27. Dezember 2018 mit der Medienmitteilung des Bundesgerichts publik geworden.
Erstaunt zeigt sich der «Corriere» darüber, dass der Beschwerdeführer sich nicht bei der Redaktion gemeldet und eine Richtigstellung verlangt habe.
Betreffend das nachgereichte Addendum wehrt sich der «Corriere del Ticino» gegen eine Einmischung in die redaktionelle Entscheidung, worüber berichtet wird. Es sei legitim gewesen, über Poggis Kandidatur zu berichten, eine Kandidatur, die ohne den Freispruch in Lausanne wohl möglich, politisch jedoch nicht opportun gewesen wäre. In diesem Sinne beantragt der «Corriere del Ticino», die vorgebrachten Vorwürfe im Addendum vollumfänglich zurückzuweisen.
E. Am 12. Mai 2019 wies das Präsidium des Presserates die Beschwerde der 1. Kammer zu, bestehend aus Francesca Snider (Präsidentin), Dennis Bühler, Ursin Cadisch, Michael Herzka, Klaus Lange, Francesca Luvini und Casper Selg.
F. Die 1. Kammer hat die Beschwerde in ihrer Sitzung vom 24. Juni 2019 und auf dem Korrespondenzweg behandelt.
II. Erwägungen
1. Der Beschwerdeführer wirft dem Journalisten Verfehlungen bei der Wahrheitssuche (Ziffer 1 der «Erklärung») vor. Er habe zu wenig Sorgfalt bei der Recherche walten lassen und sich nicht bemüht, die Wahrheit zu recherchieren. Er habe nicht alle zur Verfügung stehenden Informationen berücksichtigt, wie zum Beispiel die Medienmitteilung des Bundesgerichts. Somit sei Richtlinie 1.1 verletzt (Wahrheitssuche). Dem widerspricht der «Corriere del Ticino» und argumentiert, dass sowohl Urteil als auch Medienmitteilung des Bundesgerichts erst sechs Tage später publiziert worden seien. Der Journalist habe somit nicht vom Inhalt des Urteils und der Medienmitteilung gewusst.
Natürlich kann der Journalist nicht über Informationen verfügen, die noch nicht veröffentlicht sind. Dies dispensiert den Journalisten jedoch nicht von der Recherche. Richtlinie 1.1 verlangt unmissverständlich die Berücksichtigung «verfügbarer und zugänglicher Daten». Im Falle dieses Urteils wäre eine Nachfrage beim Bundesgericht notwendig gewesen. Dies auch deshalb, um nicht einseitig über das Urteil zu berichten. Der Richtlinie 1.1 (Wahrheitssuche) wurde damit nicht Genüge getan und daher Ziffer 1 der «Erklärung» verletzt.
2. X. macht des Weiteren geltend, der Journalist habe Informationen unterschlagen, indem er nicht über die festgestellte Verletzung der Würde und des Gedenkens Tausender Personen berichtet habe. Zudem habe der Journalist nicht versucht, die Auskünfte des Politikers zu verifizieren. Hier sei Richtlinie 3.1 (Quellenbearbeitung) verletzt. Dem hält der «Corriere del Ticino» wiederum entgegen, dass zum Publikationszeitpunkt weder das Urteil noch die Medienmitteilung zur Verfügung gestanden hätten.
Dass die Verletzung der Würde und des Gedenkens Tausender Betroffener des Genozids und die Medienmitteilung nicht erwähnt wurden, mag am Publikationszeitpunkt liegen. Was die Quellenbearbeitung angeht, hat der «Corriere» es unterlassen, die Information zu verifizieren und beide Seiten anzuhören. Gemäss Richtlinie 3.1 (Quellenbearbeitung) ist die Überprüfung der Quelle einer Information und ihrer Glaubwürdigkeit der Ausgangspunkt der journalistischen Sorgfaltspflicht. Dies hätte Verifikation bzw. Anhörung der Gegenseite vorausgesetzt oder das Publikum hätte zumindest darauf hingewiesen werden müssen, dass das Urteil dem Journalisten nicht vorlag. Zumal dieser Artikel im Indikativ Aktiv behauptet, die Richter hätten festgestellt, Poggi habe in beiden Artikeln den Genozid von Srebrenica nicht geleugnet. Die Verifizierung, die der «Corriere» geltend macht, hat sich gemäss eigener Angaben lediglich auf das Faktum, dass das Urteil gefällt wurde, bezogen. Für die Verifizierung des Inhalts hätten der Angeklagte selbst und sein Anwalt ohnehin nicht genügt, da sie nicht als voneinander unabhängige Quellen gelten können.
Wie oben unter Punkt 1 ausgeführt, führt die mangelnde Quellenbearbeitung zu einer falschen Darstellung und damit zu einer Verletzung von Ziffer 1 der «Erklärung». Ziffer 3 der «Erklärung» ist somit subsumiert. Der Presserat verzichtet folglich auf eine Rüge auch wegen dieser Bestimmung.
3. Sofern der Beschwerdeführer eine Verletzung von Richtlinie 3.2 (Medienmitteilung) geltend macht, ist festzuhalten, dass diese Bestimmung im vorliegenden Zusammenhang nicht anwendbar ist. Richtlinie 3.2 verlangt, Medienmitteilungen von Behörden, Parteien, Verbänden, Unternehmen oder anderer Interessengruppen als solche zu kennzeichnen. Da die Medienmitteilung des Bundesgerichts nicht zitiert und gemäss Argumentation des «Corriere» im Zeitpunkt der Veröffentlichung des Artikels noch gar nicht vorhanden war, kann sie auch nicht als Grundlage gedient haben.
4. Der Beschwerdeführer X. kritisiert ausserdem, der «Corriere del Ticino» habe die publizierten falschen Informationen nicht richtiggestellt und mahnt eine Verletzung von Richtlinie 5.1 (Berichtigungspflicht) an. Dem hält der «Corriere del Ticino» lediglich entgegen, bis zum 27. Dezember 2018 nicht von den Details gewusst zu haben. Die Richtlinie verlangt jedoch unmissverständlich, falsch dargestellte Fakten unverzüglich und von sich aus richtigzustellen. Bis zum Zeitpunkt der Beratung der Beschwerde hat es der «Corriere» jedoch versäumt, den selber eingeräumten Fehler richtigzustellen. Die Richtlinie 5.1 (Berichtigungspflicht) wurde somit verletzt.
5. Der Beschwerdeführer macht geltend, dass der Journalist nicht zwischen Fakten und Kommentar unterscheide. Dem Publikum sei nicht klar, was das Bundesgericht wirklich befunden habe, und was die Meinung des Rekurrenten sei. Hier macht er eine Verletzung der Richtlinie 2.3 (Trennung von Fakten und Kommentar) geltend. Hierzu nimmt der «Corriere del Ticino» keine Stellung.
Die Richtlinie 2.3 verpflichtet Journalisten darauf, dass kommentierende Einschätzungen von sachlichen Informationen unterscheidbar sind. Dies ist im Artikel durch direkte Zitate markiert. Der Journalist führt im Artikel mehrfach den Anwalt und den Rekurrenten als Quelle an («ci ha confermato lo stesso ex granconsigliere» und «ci ha spiegato l’avvocato Andrea Rotanzi»). Der Leser kann die Zitate den jeweiligen Personen zuordnen. Richtlinie 2.3 (Trennung von Fakten und Kommentar) wurde nicht verletzt.
6. Im Addendum rügt X den Artikel «Donatello Poggi in corsa per il Municipio». Darin liesse derselbe Journalist den Rekurrenten erneut die falschen Fakten verbreiten. Dies ohne dass eine journalistische Relevanz bestehe, bereits ein Jahr vor den Wahlen darüber zu berichten. Dagegen wehrt sich der «Corriere del Ticino». Es sei legitim gewesen, über Poggis Kandidatur in den Kommunalwahlen zu berichten, zumal eine eventuelle Bestätigung des Urteils diese beeinflusst hätte. Eine Kandidatur, die ohne den Freispruch in Lausanne wohl trotzdem möglich, politisch jedoch nicht opportun gewesen wäre.
Dem Beschwerdeführer ist insofern beizupflichten, dass die konzedierten «nicht ganz wahren» Informationen erneut verbreitet wurden. Bezüglich der Themenwahl und
-auswahl ist jedoch dem «Corriere del Ticino» zuzustimmen. Die Redaktion entscheidet, worüber und wann berichtet wird. Der direkte Zusammenhang der Kandidatur mit dem Urteil ist offensichtlich gegeben und mit dem Entscheid auch aktuell.
III. Feststellungen
1. Die Beschwerde wird in den wesentlichen Punkten gutgeheissen.
2. Der «Corriere del Ticino» hat in der Berichterstattung über ein Bundesgerichtsurteil in den Artikeln «Donatello Poggi assolto a Losanna» vom 21. Dezember 2018 und «Donatello Poggi in corsa per il Municipio» vom 22. März 2019 einseitig und mit unüberprüften Informationen berichtet, die sich als mindestens teilweise falsch herausstellten. Er hat demnach gegen Ziffer 1 (Wahrheitspflicht) und Ziffer 5 (Berichtigung) der «Erklärung der Pflichten und Rechte der Journalistinnen und Journalisten» verstossen.
3. Darüber hinausgehend wird die Beschwerde abgewiesen.