Nr. 51/2024
Identificazione

(X. c. «Corriere del Ticino»)

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Zusammenfassung

Der «Corriere del Ticino» (Cdt) publizierte einen Artikel über einen Geistlichen, der vor mehreren Jahren wegen sexuellen Missbrauchs verurteilt worden war. Eine Studie der Universität Zürich über Missbrauchsfälle in der katholischen Kirche beschäftigte sich auch mit seinem Fall. Daraufhin wandte sich eines der Missbrauchsopfer an den CdT, weil sie sich in den Schilderungen der Studie erkannte. Sie berichtete dem CdT vom erlittenen Missbrauch, nannte den Namen ihres Peinigers aber nicht. Der «Corriere» machte von sich aus den Namen publik. Der Priester, der vor einigen Jahren verstorben ist, galt früher als anerkannte Persönlichkeit und renommierter Kirchenmusiker. Gegen den Artikel des CdT ging eine Beschwerde ein. Der Beschwerdeführer wollte wissen, ob es medienethisch gerechtfertigt sei, den Namen zu publizieren. Grundsätzlich verlangt die «Erklärung», dass nicht identifizierend berichtet wird, selbst wenn Personen eine schwere Straftat begangen haben. In Ausnahmefällen kann der Namen trotzdem genannt werden, insbesondere, wenn ein «überwiegendes öffentliches Interesse» besteht. Der Presserat stellte in diesem Fall ein überwiegendes öffentliches Interesse fest: Die katholische Kirche hatte jahrelang versucht, das Thema sexueller Missbrauch zu vertuschen. «In diesem Kontext ist es wichtig, Transparenz zu schaffen und in der Öffentlichkeit das Bewusstsein für solche Taten zu schärfen, um künftig derartige Fälle möglichst zu verhindern. Durch die namentliche Nennung des Priesters werden im konkreten Fall möglicherweise weitere Opfer ermutigt, sich zu melden, was es erlaubt, das Missbrauchssystem in seinem ganzen Ausmass zu erkennen und aufzuarbeiten», konstatiert der Presserat.

Résumé

«Corriere del Ticino» (CdT) a publié un article concernant un religieux condamné il y a plusieurs années pour abus sexuels. Une étude de l’Université de Zurich sur les cas d’abus dans l’Église catholique est également revenue sur cette affaire. L’une des victimes s’est adressée à CdT parce qu’elle s’était reconnue dans la description faite dans l’étude. Elle a raconté à CdT les abus qu’elle avait subis, sans toutefois citer le nom de son tortionnaire. Le journal a choisi de rendre le nom du prêtre public. Celui-ci, décédé il y a quelques années, était autrefois une personnalité reconnue et un musicien d’Église renommé. Une plainte a été déposée contre CdT. Le plaignant souhaitait savoir s’il était justifié, sous l’angle de l’éthique des médias, de publier le nom de l’homme d’église. Sur le principe, la «Déclaration» exige que les journalistes s’abstiennent dans leurs contributions de donner des éléments permettant d’identifier les personnes concernées, même si elles ont commis des crimes graves. Le nom peut exceptionnellement être cité lorsqu’un «intérêt public prépondérant» le justifie. Le Conseil suisse de la presse a estimé qu’il y avait un intérêt public prépondérant en l’espèce, dans la mesure où l’Église catholique avait tout fait pour étouffer le sujet pendant des années. Il a estimé qu’il était important dans ce contexte de faire toute la transparence et de renforcer la prise de conscience au sein du public, pour éviter de nouveaux cas à l’avenir. La divulgation du nom du prêtre donnera peut-être à d’autres victimes le courage de se manifester, ce qui permettra de connaître toute l’étendue des abus et d’amorcer le travail de mémoire, constate le Conseil suisse de la presse.

Riassunto

Il «Corriere del Ticino» (CdT) ha pubblicato un articolo relativo a un ecclesiastico condannato per abusi sessuali diversi anni fa. Del suo caso si è occupato anche uno studio dell’Università di Zurigo sui casi di abusi all’interno della Chiesa cattolica. Una delle vittime di tali abusi ha in seguito contattato il CdT perché si è riconosciuta nelle descrizioni di detto studio. La donna ha riferito al CdT degli abusi subiti, ma non ha fornito il nome del suo seviziatore. Il CdT ne ha reso noto il nome di propria iniziativa. Il sacerdote, scomparso da alcuni anni, nel passato era stato una personalità riconosciuta e un rinomato compositore e interprete di musica sacra. Contro l’articolo del CdT è stato presentato un reclamo. Il reclamante voleva sapere se la pubblicazione del nome fosse giustificata in termini di etica dei media. In linea di principio, la «Dichiarazione» richiede che non vengano riportate informazioni identificative, anche se le persone hanno commesso un reato grave. In casi eccezionali, il nome può essere comunque menzionato, in particolare se esiste un «interesse pubblico prevalente». In questo caso, il Consiglio della stampa ha ritenuto che vi fosse un interesse pubblico prevalente. È innegabile che la Chiesa cattolica abbia cercato per anni di occultare la questione degli abusi sessuali.
Il Consiglio della stampa constata che «In questo contesto è importante creare trasparenza e sensibilizzare l’opinione pubblica riguardo a tali reati, così da prevenire, per quanto possibile, che in futuro se ne verifichino di nuovi. Nello specifico, nominare il sacerdote può incoraggiare altre vittime a farsi avanti, permettendo di riconoscere e affrontare in tutta la sua portata il sistema di abusi».

I. Fatti

A. Sul «Corriere della Ticino» (CdT) del 19 dicembre 2023 è apparso un articolo riguardo a un vecchio caso di abuso sessuale di minore da parte di un sacerdote: al centro, il resoconto della vittima di allora. La Chiesa cattolica ha commissionato all’Università di Zurigo un progetto pilota per l’esame degli Abusi sessuali nell’ambiente della Chiesa cattolica in Svizzera dalla metà del XX secolo («Sexuellen Missbrauch im Umfeld der katholischen Kirche in der Schweiz seit Mitte des 20. Jahrhunderts»). Dopo la pubblicazione del caso di studio dell’università, una donna si è riconosciuta in esso e ha contattato il CdT. Il redattore ne racconta la storia, dal titolo «Abusata a 7 anni dal predatore – Quella bambina sono io». La donna si è rivolta a lui per poter accedere alle fonti del caso di studio.

A continuazione, il CdT racconta del viaggio intrapreso dalla donna per riunirsi a colloquio con l’amministratore apostolico della Curia e di come si sia confrontata ai documenti dell’archivio diocesano. La donna ha raccontato al CdT di essersi sentita ben accolta e di aver apprezzato la presenza di una persona aperta e disponibile ad aiutare le vittime. Ha deciso di parlare della sua esperienza perché vuole incoraggiare altre vittime a compiere questo passo. È un processo di liberazione che può risultare utile. Non nutre alcun sentimento di vendetta, ma ha semplicemente bisogno di capire.

Il CdT indica che la donna aveva già trascritto i suoi ricordi e li aveva portati con sé all’intervista. La stesura è risultata essere talmente ben fatta ed efficace che si è deciso di pubblicarla integralmente. La vittima non ha fatto il nome del prete che ha abusato di lei. Tuttavia, il giornale ha deciso di pubblicare per la prima volta il vero nome del sacerdote. Il CdT si è giustificato indicando che non voleva attirare falsi sospetti su altri sacerdoti dell’epoca e desiderava servire la verità e la giustizia.

Di seguito, sono stati pubblicati integralmente i ricordi della donna, che descrive i fatti accaduti e le circostanze, ma anche la sua vita dopo questi fatti. Alla fine delle sue memorie riassume che in pratica il colpevole è rimasto impunito e che è stato semplicemente trasferito. Inoltre, è ancora possibile trovarlo su Internet senza che i suoi atti vengano menzionati. Sottolinea altresí quanto sia stato importante per lei ricordare, incontrare il vescovo e confrontarsi con il dossier.

L’articolo del CdT si conclude con la citazione di un’e-mail che la donna ha scritto alla redazione: «Quando entrai per la prima volta nella stanza del ‹maestro› cominciò l’inferno. Non so quanto tempo sia durato. So che adesso ne sono uscita.»

L’articolo è corredato di una biografia del colpevole intitolata «Nel rapporto pilota è il ‹caso di studio›» e di una breve intervista all’Amministratore Apostolico della Diocesi di Lugano, Alain de Raemy, dal titolo «La Chiesa oggi reagirebbe diversamente»; il colpevole viene di nuovo indicato con il suo nome reale.

B. Il 20 dicembre 2023, X. ha presentato un reclamo al Consiglio della stampa e ha espresso la sua preoccupazione per la menzione dell’autore del reato con il suo vero nome. Si tratta di un sacerdote che ha abusato gravemente di bambini e giovani e che per questo è stato condannato e ha trascorso il resto della vita privato dell’accesso a incarichi pubblici. È morto il 26 marzo 2017. Fino alla pubblicazione dell’articolo del «Corriere del Ticino» l’uomo non era mai stato menzionato per nome dai media. Anche la vittima aveva deciso di non fare il suo nome nel proprio scritto, che il CdT ha tuttavia deciso di pubblicare.

Il reclamante ha chiesto al Consiglio della stampa di chiarire se l’identificazione dell’autore del reato fosse stata giustificata. La direttiva 7.2 (Identificazione), che fa parte della «Dichiarazione dei doveri e dei diritti del/della giornalista» (di seguito «Dichiarazione»), considera ammissibile una segnalazione identificativa «se la persona è comunemente nota all’opinione pubblica e il servizio si riferisce a tale sua condizione». Occorre chiedersi se questa disposizione sia applicabile al caso in esame. In particolare, va tenuto conto dei seguenti aspetti: l’importanza del tema, il rispetto dovuto alle vittime, il lungo periodo di tempo trascorso dai reati e il fatto che nel frattempo l’autore degli stessi sia deceduto. Inoltre non si tratta di un caso di occultamento di questi reati. L’autore è stato condannato e ha scontato la sua pena.

C. Il caporedattore del «Corriere del Ticino» Paride Pelli ha presentato la presa di posizione del quotidiano in una lettera del 10 giugno 2024. In essa afferma che il CdT ha agito in modo onesto e corretto. La direttiva della «Dichiarazione» è stata rispettata, in quanto l’autore era «una persona appunto nota a livello pubblico», così come indicato anche dal reclamante. Oltre a ciò, era un sacerdote molto attivo in ambito musicale e sociale e la mancata pubblicazione del suo nome avrebbe reso meno efficace la testimonianza della vittima.

Il CdT cita anche l’elogio funebre pronunciato dall’allora vescovo di Lugano per il defunto reo, in cui aveva parlato de «il caro Don X». Inoltre, il suo nome reale è stato citato anche nell’edizione online del portale cattolico svizzero kath.ch del 19 dicembre 2023 in cui viene riportato l’articolo del CdT.

Per concludere, il CdT sottolinea la sua convinzione di aver agito non solo in modo corretto e responsabile ma anche nello spirito di un giornalismo trasparente, senza diffamazione né danni alla reputazione di terzi.

D. Il 6 agosto 2024 il Consiglio della stampa ha comunicato alle parti che il reclamo sarebbe stato trattato dalla Prima camera, composta da Susan Boos (Presidente), Luca Allidi, Dennis Bühler, Ursin Cadisch, Michael Herzka, Francesca Luvini e Casper Selg.

E. La prima camera ha adottato la sua presa di posizione nella sessione del 25 settembre 2024 e per corrispondenza.

 

II. Considerazioni

 1. La questione di fondo di questo reclamo è la seguente: il «Corriere del Ticino» era autorizzato a riferire dell’autore del reato in modo identificativo e a citarne il nome? La cifra 7 della «Dichiarazione» stabilisce che le/i giornaliste/i devono rispettare la sfera privata delle singole persone, a meno che l’interesse pubblico non richieda il contrario. La valutazione tra l’interesse pubblico alla menzione di un nome e la protezione della privacy di una persona, va sempre rinnovata in conformità alle circostanze attuali. È irrilevante che il nome della persona interessata sia stato pubblicato in precedenza, ad esempio nel corso del processo a suo carico. Questo non legittima di per sé una nuova menzione del nome a distanza di anni. Il Consiglio della stampa non considera rilevante nemmeno l’argomentazione del CdT, secondo cui la mancata pubblicazione del nome avrebbe diminuito l’impatto della dichiarazione della vittima. Le impressionanti testimonianze della donna sono estremamente credibili anche senza citare il nome dell’autore.

2. La direttiva 7.2 (Identificazione) elenca diverse ragioni che consentono di identificare una persona. Il CdT fa riferimento a questa direttiva e afferma che la segnalazione identificativa è di prevalente interesse pubblico. La rilevanza sociale e l’interesse pubblico nel riferire sui casi di abuso nella Chiesa cattolica è palese. Oltre a ciò il sacerdote era noto al grande pubblico come compositore e interprete di musica sacra.

L’articolo del «Corriere» è legato anche alla sua precedente attività di musicista e insegnante. È inoltre incontestabile che la Chiesa cattolica abbia cercato per anni di nascondere la questione degli abusi sessuali. In questo contesto è importante creare trasparenza e sensibilizzare l’opinione pubblica riguardo a tali reati, così da prevenire per quanto possibile che in futuro se ne verifichino di nuovi. Nello specifico, nominare il sacerdote può incoraggiare altre vittime a farsi avanti, permettendo di riconoscere e affrontare in tutta la sua portata il sistema di abusi.

Ne consegue che la menzione del nome era «giustificata da un interesse pubblico prevalente», come stabilito dal punto 5 della Direttiva 7.2 (Identificazione). Pertanto, il Consiglio della stampa non riconosce alcuna violazione della cifra 7 della «Dichiarazione».

3. Il compito del Consiglio della stampa non è valutare se in questo specifico caso siano stati occultati dei fatti. Il compito del Consiglio della stampa consiste nel valutare se il quotidiano ha rispettato le regole dell’etica dei media.

III. Risultati

1. Il Consiglio della stampa respinge il reclamo.

2. Menzionando il nome dell’autore del crimine negli articoli «‹Abusata a 7 anni dal predatore – Quella bambina sono io›», «Nel rapporto pilota è il ‹caso di studio›» e «‹La Chiesa oggi reagirebbe diversamente›» del 19 dicembre 2023, il «Corriere del Ticino» non ha violato la cifra 7 (Identificazione) della «Dichiarazione dei doveri e dei diritti del/della giornalista».