Nr. 36/2003
Protezione della vittima

(X. c. «Corriere del Ticino») Presa di posizione del 29 luglio 2003

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I. I fatti

A. Il «Corriere del Ticino» ha pubblicato il 7 gennaio 2003 un servizio in cui dava la notizia che «il sadico di Romont» aveva deciso di non ricorrere contro la decisione che gli negava il rilascio in libertà condizionale. Tanto nell’occhiello dell’articolo quanto nel testo del servizio figurava il nome Y., una delle vittime del «serial killer». Vi figuravano pure il nome del luogo ove abitava (Z.) e l’età (18 anni) della vittima. Infine vi era descritto il modus agendi del pluriomicida.

B. Con lettera del 22 febbraio 2003, X. si è rivolto contemporaneamente al «Corriere del Ticino» e al Consiglio della Stampa, sostenendo che la menzione del nome della giovane vittima non era necessaria, anzi causava un nuovo trauma psicologico ai suoi congiunti.

C. Rispondendo il 28 febbraio 2003 a X., il direttore del “Corriere del Ticino”, Giancarlo Dillena, esprimeva comprensione per il fatto che la lettura della notizia potesse essere dolorosa per i congiunti. D’altra parte, la discussione aperta su un’eventuale liberazione condizionale del colpevole di un delitto così efferato doveva necessariamente comprendere una descrizione, in tutta la sua crudezza, del suo modo di agire. Ciò si rendeva necessario per contrapporre, al punto di vista del colpevole, quello dell’opinione pubblica e l’interesse alla salvaguardia di future vittime potenziali.

D. Con lettera del 29 aprile 2003 X. confermava che il suo scritto del 22 gennaio doveva essere considerato un reclamo nel senso degli artt. 6ss del Regolamento del Consiglio della Stampa. La Direttiva 8.3 annessa alla «Dichiarazione dei doveri e dei diritti dei giornalisti» (Protezione della vittima) ha sicuramente di mira il modo con cui si redige una notizia. Proprio per questo, anche a nome della famiglia colpita, era importante ribadire gli interrogativi sollevati nella lettera del 22 gennaio 2003: era necessario citare nomi e indirizzi?; era necessario riandare alle circostanze del crimine, dopo tanto tempo passato dai fatti; non era possibile almeno esprimere solidarietà alla famiglia?

E. Il 15 maggio 2003 il dir. Giancarlo Dillena ha preso posizione ribadendo le spiegazioni date il 28 febbraio direttamente a X.

F. Secondo l’art. 10 lett. 7 del Regolamento del Consiglio della Stampa, la presidenza può prendere direttamente posizione quando il contenuto del reclamo ricalchi sostanzialmente un caso oggetto di una precedente decisione del Consiglio della Stampa, oppure non sia di significativa importanza.

G. Il 19 maggio 2003 il Consiglio della Stampa ha dichiarato chiuso lo scambio epistolare e ha comunicato alle parti che la Presidenza si sarebbe direttamente occupata del caso.

H. La presidenza del Consiglio della Stampa ha deciso il 29 luglio 2003 per via epistolare la presente Presa di posizione.

II. Considerandi

1. La Direttiva 8.3 fa obbligo al giornalista, quando riferisce su fatti drammatici o violenti, di mettere a confronto accuratamente il diritto del pubblico all’informazione e gli interessi della vittima e delle persone coinvolte. Il Consiglio della Stampa ne ha dedotto, in re P. AG c. «Zofinger Tagblatt» (Presa di posizione 45/01), la necessità di dar prova di ritegno ancora maggiore quando della vittima di un crimine sia dato il nome (si rimanda in questo caso anche alla Direttiva 7.6 – Menzione dei nomi).

2. Alla regola menzionata può esser fatta eccezione, menzionando sia il nome sia il domicilio della vittima, quando la notizia concerne il diniego della libertà condizionale all’autore del crimine? Dal diritto del pubblico all’informazione non può essere derivata una simile necessità. Si può invece accettare che il modo d’agire del criminale sia ricordato, in ogni caso senza la menzione di particolari raccapriccianti. Può essere lasciata aperta, infine, la questione se il «Corriere del Ticino» fosse tenuto a esprimere solidarietà ai parenti della vittima. Si tratta di una prassi tipica della stampa popolare, per la quale la redazione rimane libera di decidere: l’omissione di questo gesto non può essere ritenuta una violazione della deontologia.

III. Conclusione

Il reclamo è parzialmente accolto, nel senso dei considerandi.