I. I fatti
A. La sera del 6 febbraio 2012, la Radiotelevisione svizzera (in seguito: RSI) ha trasmesso, nella rubrica «Il Quotidiano», un servizio di Francesco Lepori su un omicidio/suicidio avvvenuto a Massagno. Il servizio menzionava il nome dei due protagonisti e mostrava una foto della coppia, che al giornalista della Televisione era stata consegnata da conoscenti delle vittime.
B. Il 12 febbraio 2012, il settimanale «il Caffè» pubblicava in prima pagina («Il dramma») e a pagina 7 («Online tutti gli scatti di una tragedia. Su Facebook la chiave di un amore finito con un omicidio-suicidio») un servizio di Patrizia Guenzi sullo stesso fatto. Pure «il Caffè» recava nomi e foto della coppia.
C. Il 30 marzo 2012 l’Associazione Ticinese dei Giornalisti (in seguito: ATG), sezione ticinese di Impressum, ha presentato un esposto al Consiglio svizzero della stampa contro entrambe le pubblicazioni, argomentando che i menzionati servizi violano la Cifra 7 (Sfera privata, Identificazione) della «Dichiarazione dei doveri e dei diritti dei giornalisti».
D. Interpellato dal Segretariato del Consiglio svizzero della stampa, l’ombudsman della RSI, Gianpiero Raveglia, ha fatto sapere il 4 aprile 2012 che contro il servizio de «Il Quotidiano» non era stato presentato alcun reclamo.
E. Il 28 maggio 2012, il responsabile dell’Attualità regionale RSI, Massimiliano Herber, ha preso posizione sul reclamo a nome della redazione. Il giornalista era stato come sempre in questi casi inviato sul luogo del delitto e al suo ritorno la menzione dei nomi era stata decisa dalla redazione. «Una scelta» – si afferma – «che oggi non rifaremmo, anche alla luce dell’apertura di un procedimento penale nei confronti di coloro che hanno firmato il servizio e prodotto la trasmissione». Si riconosce che il nuovo Codice di procedura penale (CPP) richiede l’accordo dei parenti per l’identificazione delle vittime. Ma, considerata «l’abitudine giornalistica ticinese di dare sempre il nome dei protagonisti di fatti di sangue (…), prassi che l’introduzione del nuovo CPP ha solo parzialmente corretto» (si allega un elenco di casi analoghi di generalità delle vittime diffuse dalla stampa dopo l’introduzione di questa norma), il responsabile della redazione argomenta che «la pubblicazione delle generalità e delle foto di una vittima può contribuire a perpetuarne una memoria positiva». Nel caso specifico, i parenti non si sono lamentati della pubblicazione. Purtroppo, non era stato possibile contattare la famiglia della vittima prima dell’uscita del servizio. Durante le riprese, l’autore del servizio, Francesco Lepori, si era interessato dei retroscena del caso presso dei conoscenti e da loro aveva ricevuto l’immagine. Ciò era stato, erroneamente ma in buona fede, interpretato dalla redazione come un assenso dei parenti alla pubblicazione.
F. Il 30 maggio 2012, il direttore Lillo Alaimo ha comunicato al Consiglio della stampa che la redazione del «Caffè», considerata la pendenza di una denuncia penale, si avvale della facoltà di non prendere posizione.
G. Il 28 giugno 2012, l’ATG ha confermato che contro i servizi in causa non ha presentato alcuna denuncia penale, non ha fatto alcuna segnalazione alla Procura né avviato alcun procedimento civile.
H. Il 4 luglio 2012 il Consiglio della stampa ha informato le parti che il reclamo sarebbe trattato dalla Presidenza, composta del Presidente Dominique von Burg e dei vicepresidenti Francesca Snider e Max Trossmann.
I. La Presidenza ha deliberato per via epistolare la presente Presa di posizione entro l’8 febbraio 2013.
II. Considerandi
1. Secondo l’art. 10 cpv. 2 del proprio Regolamento, il Consiglio della stampa non entra in merito su un reclamo se in parallelo è promossa, o si intende promuovere durante l’esame, una procedura secondo il diritto della radio-televisione o un’azione presso i tribunali ordinari.
Eccettuato il caso di un reclamo che tocca una questione deontologica di fondo, la decisione del Consiglio della stampa di non entrare in merito per evitare un procedimento parallelo vale anche nel caso in cui a reclamare non siano le stesse persone? Una fattispecie simile è nuova per il Consiglio della stampa. In base all’ultimo comma del citato art. 10 cpv. 2, la decisione di non entrare in materia dovrebbe valere solo nel caso in cui, a volere eventualmente approfittare del «doppio binario», sia lo stesso reclamante. Nel caso in esame, tuttavia, tale situazione non si dà. Per questa ragione, il Consiglio decide di entrare nel merito del reclamo dell’ATG anche in presenza di un procedimento penale.
2. a) La Cifra 7 della «Dichiarazione» impegna i giornalisti a rispettare la sfera privata delle persone, quando l’interesse pubblico non esiga il contrario. La Direttiva 7.2 annessa alla «Dichiarazione» (Identificazione) richiede una ponderazione accurata e cita un certo numero di casi in cui l’identificazione è lecita. «Se l’interesse alla protezione della sfera privata prevale sull’interesse pubblico all’identificazione, il giornalista rinuncia alla pubblicazione dei nomi e di altre indicazioni che la consentano a estranei o a persone non appartenenti alla famiglia o al loro ambiente sociale o professionale, e ne verrebbero pertanto informati solo da media.»
b) Nella Presa di posizione 40/2007 il Consiglio della stampa ha deliberato che né la gravità di un crimine né che il caso sia deferito a una Corte criminale sono sufficienti a legittimare la menzione dei nomi. Nella Presa di posizione 41/2011 il Consiglio della stampa ha criticato la menzione dei nomi in un caso che nel Ticino aveva destato grande scalpore. La risoluzione deplorava che il nome di un medico accusato di violenza carnale fosse dalla RSI reso pubblico subito dopo l’arresto dell’uomo, come pure, e a maggior ragione, che altri media avessero fatto il nome della moglie che lo accusava. Più recentemente, con la Presa di posizione 60/2012, è stata criticata la menzione del nome di un arrestato in relazione con il duplice omicidio di Brusio. Nel caso, il Consiglio della stampa sottolineava nuovamente che né la prassi diffusa in Ticino di pubblicare i nomi nel caso di delitti gravi, né la circostanza che l’arrestato era da tutti conosciuto nel suo ambiente e che la notizia si era diffusa rapidamente bastavano a giustificare la pubblicazione per intero delle generalità dell’arrestato.
c) Il Consiglio della stampa ritiene che questa disciplina vada confermata. Né la RSI né «il Caffè» hanno fatto valere che la pubblicazione delle foto sia avvenuta con il consenso dei parenti superstiti. Ancora meno ha da valere che l’identificazione rispondesse a un interesse pubblico. Per queste ragioni, il reclamo dell’ATG deve essere accolto.
III. Conclusioni
1. Il reclamo è accolto.
2. La rubrica «Il Quotidiano» della RSI («Delitto passionale», 6 febbraio 2012) e il settimanale «il Caffè» («Online tutti gli scatti di una tragedia», 12 febbraio 2012) hanno violato le disposizioni di cui alla cifra 7 della «Dichiarazione dei doveri e dei diritti del giornalista» (Identificazione).