Nr. 67/2019
Separazione tra parte redazionale e pubblicità

(X./Y. c. “NZZ am Sonntag”)

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I. I fatti

A. Il 2 giugno 2019 la «NZZ am Sonntag» (NZZaS) pubblicava a pag. 20 un servizio di un’intera pagina che reca il titolo principale: «Superheld Schweinefleisch» («Carne di maiale super-eroe»). Nella testata della pagina si legge la scritta, su un fondino grigio: «Hintergrund» (Approfondimenti) e, in caratteri più scuri: «Sponsored Content für Proviande». L’articolo risulta firmato con la sigla: (sm). Alla fine del testo si precisa ancora: «Questo articolo è stato redatto da NZZ Content Solutions su incarico di Proviande». Vi è una sola grande illustrazione, che occupa due quinti della pagina: un piatto su cui è posata una fetta di carne. In fondo a sinistra si legge ancora un titolo: «Optimales Fleisch-Fett Verhältnis» (Ottimo rapporto tra polpa e grasso); infine vi è un disegno con un maiale, altri pezzi di carne e una nuova scritta: «Anteil Fett pro 100 grammi» (Parte di grasso ogni 100 grammi).

B. Il 20 giugno 2019, X. e Y. hanno presentato un reclamo al Consiglio svizzero della stampa. La «NZZ am Sonntag» avrebbe violato la Direttiva 10.1 (Separazione tra parte redazionale e pubblicità) e la Direttiva 10.2 (Sponsoring, viaggi stampa, forme miste di redazione/pubblicità). Pubblicato con le stesse caratteristiche (titoli, impaginazione, foto) di un articolo di approfondimento redazionale, l’articolo non rispetterebbe la distinzione prescritta dalla norma. Dove comincia la pubblicità non si capisce. Potrebbe mostrarlo l’infografica: ma l’articolo è firmato (sm) come un prodotto redazionale e la scritta «Questo articolo è stato redatto…» non farebbe chiarezza. Per un giornale di qualità come la «NZZ am Sonntag» ciò non sarebbe sufficiente. Non sarebbe addirittura da escludere che l’inserzionista abbia esercitato un’influenza (con aggiunte o correzioni) sul contenuto dell’articolo redazionale.

C. Il 6 agosto 2019 il direttore della «NZZ am Sonntag» Luzi Bernet ha preso posizione sul reclamo. La redazione nega che sia stata violata la «Dichiarazione dei doveri e dei diritti dei giornalisti» (in seguito: «Dichiarazione»). La parte convenuta dice di rispettare la Direttiva 10.1 quando afferma che la separazione tra testo e pubblicità è un elemento necessario per la credibilità dei media e, quando l’impostazione del servizio possa sollevare dei dubbi, sia necessario precisare chiaramente come stanno le cose. A parere della redazione, tale distinzione risulta pienamente rispettata con la scritta «Sponsorized Content» e il nome di chi ha ordinato il servizio. Sarebbe pertanto evidente che il servizio non è stato elaborato dalla redazione né che la redazione ne abbia tratto un qualche vantaggio.

Inoltre, sarebbe errato sostenere che la firma (sm) indica che l’autore è un redattore del giornale, ciò che secondo le Direttive sarebbe escluso: nell’Impressum della «NZZ am Sonntag» è chiaramente indicato che (sm) è una capo-progetto dell’ufficio «NZZ Content Solution». I reclamanti fanno confusione tra la prassi della NZZaS e quella della NZZ: nella redazione della seconda esiste difatti una redattrice che firma «(sm.)». La NZZaS non usa sigle e designa sempre gli autori degli articoli con nome e cognome. Sarebbe dunque evidente che {sm) nella NZZaS sta a indicare un contributo extra-redazionale.

Nelle Direttive interne del Gruppo NZZ, la formula «Sponsored Content» è descritta come segue:

«Nella portale NZZ.ch è detto chiaramente che il termine Sponsored Content designa un articolo di alto profilo, significato e utilità, una forma dichiarata di pubblicità importante per contenuto e posizione, che non disturba il lettore ed è pari, per contenuto e qualità, al giornalismo praticato dal Gruppo NZZ.ch. Al committente, Sponsored Content offre una forma di pubblicità credibile su un tema determinato, e spesso comporta una lunga discussione preventiva con gli ineressati.»

E inoltre:

«I redattori del Gruppo NZZ non si prestano a redigere articoli a pagamento.»

Queste Direttive sono state applicate anche nel caso specifico, scrive il direttore della «NZZaS». Si tratta di una prassi rispettata da anni, che non ha finora dato luogo a contestazioni o reclami. L’accoglimento del reclamo da parte del Consiglio della stampa avrebbe per conseguenza la messa in discussione di una pratica a lungo rispettata. A confronto con la prassi adottata da altre testate, la parte convenuta sostiene di aver sempre rispettato questo modo esigente di trattare il problema, in particolare avendo cura che i contenuti pubblicitari venissero sempre come tali designati, addirittura più chiaramente rispetto ai concorrenti.

D. La Presidenza del Consiglio della stampa ha demandato il reclamo alla 3. Camera, composta come segue: Max Trossmann, presidente, Annika Bangerter, Marianne Biber, Jan Grüebler, Markus Locher, Simone Rau e Hilary von Arx.

E. La 3. Camera ha trattato il reclamo durante la riunione del 31 ottobre 2019 e in seguito per corrispondenza.

II. Considerazioni

1. Parte reclamante e parte convenuta sono d’accordo nel ritenere indispensabile per la credibilità dei media la separazione tra contenuto redazionale e pubblicità (Direttiva 10.1). Si pone dunque il quesito se, nella pagina in questione, i contenuti promozionali siano stati «formalmente e in modo chiaro distinguibili dalla parte redazionale». Di fatto, i caratteri di stampa, l’impaginazione e il «design» delle pagine sono identici a quelli in uso per i contenuti informativi del giornale. La scritta: «Hintergrund» nella testata della pagina è la medesima usata anche parte redazionale. Anche caratteri e giustezze sono uguali a quelli usati nelle altre pagine, con la sola differenza che il colore usato è il grigio chiaro invece del blu. Entrambi i reclamanti sottolineano la somiglianza dell’impaginazione, tipica per la sezione degli approfondimenti («Hintergrund») del giornale. Pure lo stile con cui è redatto il testo è lo stesso. Due soltanto le differenze: la scritta nella testata della pagina: «Sponsored Content von Proviande» e, alla fine dell’articolo, la menzione «Questo articolo è stato redatto da NZZ Content Solutions su incarico della Proviande». Per i lettori della «NZZ am Sonntag» non poteva essere subito chiaro che si tratta di pubblicità a pagamento e non di un contributo redazionale. Solo a uno sguardo più attento, e una volta capito quel che «Sponsored Content» significa, oppure dopo aver letto l’articolo da cima a fondo, al lettore appariva evidente che di pubblicità si tratterebbe. Persino la sigla apposta all’articolo fa confusione: non si può pretendere che il lettore comune capisca che un articolo firmato {sm) non è della redazione.

L’argomentazione del direttore della «NZZ am Sonntag», secondo cui tale sigla differisce dall’indicazione del nome dell’autore posto generalmente in testa all’articolo, è sottile. La NZZaS non userebbe del tutto le sigle? In verità, essa ammette che almeno due abbreviazioni: (smb.) e (sme.) sono usate dai suoi giornalisti. Pure molti articoli brevi sono seguiti da una sigla. Che, poi, il lettore comune debba sapere che (sm.) – col puntino! – è la sigla personale della redattrice della NZZ Susanne Müller, è una pretesa irreale.

In definitiva, che si trattasse di un servizio a pagamento non era chiaro. La Direttiva 10.1 richiede che tali contributi, «se visivamente o acusticamente non sono riconoscibili come tali, devono essere esplicitamente designati come pubblicità». L’articolo si definisce: «Sponsored Content». Ma il concetto non è definito chiaramente, o perlomeno è non chiaro a tutti. L’adozione di un termine inglese invece di «Pubblicità» o «Annuncio pubblicitario» non aiuta, confonde: soprattutto se il tutto non appare al primo sguardo come pubblicità. E neppure aiuta aggiungere da qualche parte in piccolo: «pubblicità» o «annuncio». Il lettore medio dev’essere messo in grado di capire subito la differenza: se ciò non avviene, il giornale trae in inganno il suo pubblico. Che anche altri editori usino il termine «Sponsored» non lo rende più chiaro.

La Cifra 10 della «Dichiarazione» e la relativa Direttiva 10.1 risultano pertanto violate.

2. Non è applicabile, invece, la Direttiva 10.2 (Sponsoring, viaggi stampa, forme miste di redazione/pubblicità) evocata dai reclamanti, perché non di una sponsorizzazione si tratta nel caso in esame, ma di pubblicità pura e semplice (cfr. Presa di posizione 15/2017). L’indicazione: «per incarico di Proviande» significa precisamente che l’organizzazione industriale della carne in Svizzera ha scelto il tema e pertanto co-deciso il contenuto del servizio. Lo stesso Gruppo NZZ definisce «sponsored content» una forma di pubblicità.

Il concetto di sponsoring citato alla Direttiva 10.2 è identico a quello definito dal legislatore nella legge federale sulla radiotelevisione (LRTV). L’art. 2 di questa legge distingue nettamente la pubblicità dalla sponsorizzazione, definita «partecipazione di una persona fisica o giuridica al finanziamento diretto o indiretto di una trasmissione nell’intento di promuovere il proprio nome, il proprio marchio commerciale o la propria immagine». La sponsorizzazione finanzia un contributo redazionale, nella pubblicità invece il messaggio è puramente commerciale e mira a «sostenere una causa o ottenere un effetto voluto dall’inserzionista o dall’emittente». Nel punto relativo allo sponsoring (art. 12, cpv. 1) la legge precisa ancora: «Per il contenuto e l’orario di programmazione delle trasmissioni sponsorizzate è responsabile unicamente l’emittente. Essa vigila affinché lo sponsor non influenzi la trasmissione in modo tale da ledere l’autonomia redazionale».

La stampa scritta non è soggetta alla LRTV ma la confusione tra pubblicità e sponsoring condiziona nel profondo la sua credibilità.

3. La «NZZ am Sonntag» sostiene di attenersi a regole interne, finora mai contestate. A paragone di altre imprese mediatiche si fa un vanto del proprio modo esigente di approcciarsi alla tematica. Se anche alla «NZZaS» si dovesse riconoscere che si comporta meglio degli altri media, il rischio dell’equivoco sussiste pur sempre. E che ci si renda conto del rischio lo prova che le Direttive interne del Gruppo NZZ obbligano la pubblicità a rispettare un comportamento all’altezza dello «stile NZZ».

Il Consiglio della stampa riconosce lo sforzo della redazione della NZZaS di evitare o di ridurre elementi fuorvianti della comunicazione. Ha perciò verificato un’altra pagina di pubblicità per la Proviande che il giornale ha pubblicato il 27 ottobre 2019. Le seguenti differenze sono state constatate:

– in alto nella pagina è scomparso il termine «Hintergrund»;
– omesso è anche il numero di pagina, come nelle pagine di pubblicità;
– «Sponsored Content» è in neretto;
– alla fine, «Proviande» è sottolineato in giallo;
– è omessa l’infografica, sono rimaste solo le foto;
– alla citazione mancano le virgolette tipiche del Layout NZZaS.

4. Il Consiglio della stampa è consapevole della pesante situazione finanziaria in cui versa la stampa. Ma è proprio per proteggere il giornalismo che il Consiglio critica l’inadeguata separazione tra pubblicità e contenuti redazionali. Più volte, recentemente, ha deliberato sulle nuove forme che la pubblicità ha assunto (compreso il cosiddetto «Native Advertising») e perciò rimanda alle prese di posizione 11/2017, 15/2017, 4/2019, 29/2019. Nel maggio di quest’anno ha rivolto alle imprese mediatiche un appello a tener sempre presente la Direttiva 10.1. Sia per assicurare credibilità alle pubblicazioni sia per il rispetto dovuto ai lettori, il contenuto delle pubblicazioni dev’essere chiaramente esplicitato:

«La commistione di contenuti pubblicitari presentati nelle pagine di testo in una forma che oscura il loro vero senso dimostra uno scarso rispetto dei lettori e pregiudica la credibilità del giornalismo senza la quale il giornalismo stesso non avrebbe senso.»

Altrettanto chiaramente si esprime «Stampa Svizzera», l’organizzazione professionale degli editori, nel proprio «Codice di condotta»:

«Tutti gli attori – redazioni, case editrici, inserzionisti – sottolineano pienamente il principio della piena trasparenza nei confronti del pubblico nelle loro regole di condotta. Per il consumatore dei media, quindi, deve essere sempre chiaro quali contenuti sono responsabilità delle redazioni e quali sono influenzati da ragioni commerciali, ossia pagati da terzi. Se i moduli sono mischiati con l’intenzione di ingannare i consumatori dei media, la credibilità delle redazioni, delle case editrici e degli inserzionisti ne soffre.»

Anche i pubblicitari si dichiarano contro la confusione tra parte redazionale e parte pubblicitaria. «Comunicazione Svizzera» (Schweizerische Lauterkeitskommission) si esprime come segue:

«La comunicazione commerciale, di qualunque forma e su qualunque media, è sleale se non è riconoscibile come tale e non è separata dagli altri contenuti… La comunicazione commerciale è fuorviante e perciò sleale se, pubblicata accanto alle notizie e ai commenti, non è come tale indicata e riconoscibile in quanto finanziata da terzi.»

Il Consiglio della stampa esprime preoccupazione per il sempre più frequente occultamento di contenuti commerciali nei media giornalistici, in quanto nuoce alla loro credibilità di fronte al pubblico, tale credibilità essendo la condizione principale anche del loro successo economico.

III. Conclusioni

1. Il reclamo è accolto.

2. Con la pubblicazione del 2 giugno 2019 («Superheld Schweinefleisch») la «NZZ am Sonntag» ha violato la Cifra 10 della «Dichiarazione dei doveri e dei diritti del giornalista» (Separazione tra pubblicità e contenuto redazionale).