Nr. 55/2011
Rispetto della dignità delle persone

(LICRA c. «Il Mattino della domenica») Presa di posizione del Consiglio svizzero della stampa del 9 novembre 20

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I. I fatti

A. «Il Mattino della domenica» del 10 luglio 2011 pubblicava in prima pagina un articolo intitolato «Tutte brave persone!» (occhiello: «Stranieri in Ticino») nel quale si riferiva «che a Bellinzona è stato commesso un omicidio con modalità del film dell’orrore, con il cadavere fatto a pezzi e nascosto in una valigia! E chi è l’autore?! Per la serie ‹ma tu guarda i casi della vita›, l’assassino è un MINORENNE SERBO!! (…) Intanto, grazie ad un codice penale minorile buonista e che non vale una sverza, nel giro di un paio d’anni il bravo giovane serbo sarà ancora in circolazione, e magari non verrà nemmeno espulso dalla Svizzera, perché arriverà il solito operatore sociale sinistrorso a dire che il bravo ragazzo è recuperabile!! Allora che lo ospiti a casa propria!! E vuoi vedere che al bravo giovane straniero pagheremo pure la difesa d’ufficio, con i soldi delle nostre imposte?!! Ma naturalmente non è vero che in Ticino abbiamo un serio problema di stranieri delinquenti, giovani e meno giovani! Sono solo casi isolati, sono solo balle della Lega!!»

B. In data 20 luglio e 9 agosto 2011 il presidente della LICRA svizzera (Ligue internationale contre le racisme et l’antisémitisme), Jean-Philippe Rapp, ha presentato un reclamo al Consiglio svizzero della stampa contro il settimanale, che «da molto tempo adotta un tono sempre più xenofobo». «Indicare la nazionalità del presunto autore di un fatto di cronaca, oltretutto in maiuscolo, è intollerabile, tanto più che la nazionalità non ha strettamente nessun rapporto con il fatto. È evidente il tentativo del giornale di criminalizzare tutti i serbi.»

Secondo la LICRA, la pubblicazione configura una violazione della cifra 2 (il giornalista difende la dignità della professione) e soprattutto della cifra 8 (il giornalista rispetta la dignità delle persone) della «Dichiarazione dei diritti e dei doveri». Il giornalista offende la dignità della professione quando incita all’odio contro gli stranieri. Perché «non si può mettere sempre e sistematicamente in risalto la nazionalità di una persona sospettata di un crimine senza attizzare l’odio o la discriminazione basati sull’appartenenza etnica (…). Pure inammissibile è da ritenere l’indicazione sistematica dell’appartenenza etnica delle persone, in quanto viola la loro dignità umana.»

C. Il 13 ottobre 2011, a nome della LICRA, l’avv. Philippe Nordmann ha trasmesso al Consiglio della Stampa la fotocopia di un articolo a firma Giuliano Bignasca apparso a pagina 6 dell’edizione del domenicale del 28 agosto 2011, che definisce «ingiurioso» nei confronti del presidente della LICRA Svizzera e del Consiglio della Stampa. In questo articolo intitolato «Uhhh!! Che pagüüüüra!!!» / «Il Konsiglio svizzero della Stampa starnazza contro Il Mattino», si legge: «Alla faccia del mangiapane a ufo Gian-Pippo Rapp, ‹Il Mattino della domenica› continuerà a denunciare le malefatte dei CRIMINALI STRANIERI di cui i partiti $torici ci hanno riempiti con una politica migratoria scriteriata!! E ‹Il Mattino› continuerà ad indicare esattamente la nazionalità di questi CRIMINALI STRANIERI mettendola in grassetto!!»

D. Nella sua presa di posizione del 16 ottobre 2011 Giuliano Bignasca, direttore ed editore de «Il Mattino della domenica» precisa che, essendo la pubblicazione «di proprietà del sottoscritto (…), ci scrivo quello che mi pare e piace, senza bisogno dell’autorizzazione di nessuno». Aggiunge che «è intenzione del ‹Mattino della domenica› continuare a oltranza nella pubblicazione della nazionalità dei delinquenti stranieri, e con la massima evidenza grafica, al fine di rendere sempre più chiare al pubblico le conseguenze di decenni di politica migratoria scriteriata: la più ovvia delle quali è un’escalation della criminalità straniera nel nostro paese».

E. Il 20 ottobre 2011 il Consiglio della stampa ha dichiarato chiuso lo scambio epistolare e comunicato alle parti che il caso sarebbe stato discusso dalla prima Camera, di cui fanno parte Luisa Ghiringhelli Mazza, Pia Horlacher, Klaus Lange, Philip Kübler, Sonja Schmidmeister e Francesca Snider. Il presidente della 1. Camera, Edy Salmina, si è ricusato.

G. La 1. Camera ha discusso il caso nella sua seduta del 9 novembre 2011 e in seguito per via epistolare.

II. Considerandi

1. a) Secondo la cifra 8 della «Dichiarazione dei doveri e dei diritti del giornalista», il giornalista «rispetta la dignità delle persone e rinuncia a riferimenti discriminatori nel testo, nelle immagini o in documenti sonori. Le discriminazioni da evitare riguardano l’etnia o la nazionalità, la religione, il sesso o le abitudini sessuali, la malattia e gli stati di infermità fisica o mentale.» La Direttiva 8.2 annessa alla «Dichiarazione» precisa che «la menzione dell’appartenenza etnica o nazionale, dell’origine, della religione, dell’orientamento sessuale, oppure del colore della pelle, può avere un effetto discriminatorio soprattutto quando generalizza giudizi di valore negativi e di conseguenza rafforza determinati pregiudizi contro le minoranze. Il giornalista sarà perciò attento al rischio di discriminazione contenuto nella notizia e ne misura la proporzionalità.»

b) Il Consiglio della stampa ha sempre tenuto presente che, nel giornalismo, il «chi» è ritenuto un elemento essenziale della notizia, se la fattispecie lo esige e se non si mette in causa arbitrariamente una determinata etnia (Presa di posizione 13/2006). Nel caso di una cronaca giudiziaria (Presa di posizione 23/2002), il Consiglio della stampa è stato del parere che la menzione della nazionalità si giustifica «se il giornale adotta tale prassi costantemente e al solo scopo di informare più compiutamente il pubblico». Discriminatoria è viceversa considerata una descrizione generalizzante e inveritiera, tale da compromettere la reputazione di un gruppo e/o lo discredita collettivamente (Presa di posizione 65/2009). In questi casi dev’essere valutato criticamente «se a venire screditato è un modo di essere ereditato o culturalmente acquisito, si tratti cioè di un’indebita generalizzazione negativa, oppure si sia semplicemente in presenza della critica a un’azione precisa, per la quale la responsabilità sia evidente, oppure ancora se si tratti di una indebita generalizzazione di una critica giustificata» (21/2001).

c) Essenziale, nella notizia del «Mattino» criticata dalla LICRA, è il ragionamento che l’orrendo delitto di cui è accusato un minorenne serbo è la dimostrazione esemplare delle conseguenze negative del fallimento della politica di immigrazione. Una tale considerazione, a giudizio del Consiglio della stampa, si muove ancora all’interno dell’ampia discrezionalità concessa al commento politico. Passando oltre il tono implicitamente razzista del commento, guardando bene si può constatare che in nessun momento la responsabilità del fatto di sangue è indebitamente riversata sui serbi o sugli stranieri in generale. E poiché, inoltre, dal «Mattino» si afferma che la menzione della nazionalità è prassi abituale del giornale in caso di crimini gravi, l’indicazione dell’etnia nel caso specifico non si può dire costituisca una violazione della cifra 8 della «Dichiarazione».

2. Secondo la cifra 2 della «Dichiarazione dei doveri e dei diritti», il giornalista difende la libertà dell’informazione e i diritti relativi, la libertà di commento e di critica, l’indipendenza e la dignità della professione. Il Consiglio della stampa non ritiene che da tale disposizione si possa dedurre che la dignità della professione
sia riducibile all’osservanza di una specie di «political correctness» (Presa di posizione 32/2001). Il giudizio non va dunque esteso – come pretende il reclamante – al «tono sempre più xenofobo» adottato dal «Mattino della domenica» ma è da restringere all’articolo contestato.

3. Neppure, infine, l’articolo in cui si mettono in ridicolo sia la LICRA sia il Consiglio della stampa, pubblicato il 28 agosto, deve fare oggetto del presente procedimento.

III. Conclusioni

1. Il ricorso è respinto.

2. Con la pubblicazione dell’articolo «Tutte brave persone!» del 10 luglio 2011 «Il Mattino della domenica» non ha violato le cifre 2 (dignità della professione) e 8 (rispetta la dignità delle persone) della «Dichiarazione dei doveri e dei diritti del giornalista».