Nr. 66/2013
Cronaca unilaterale / Informazioni deformate e omesse / Rettifica

(X. c. «laRegione») Presa di posizione del 26 novembre 2013

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Zusammenfassung

Informanten haben kein Weisungsrecht
Sind Medienschaffende an inhaltliche Weisungen von Informanten gebunden? Der Presserat verneint dies in aller Deutlichkeit. Redaktionen sind frei, wie sie ihnen zugespielte Informationen publizistisch verwerten.

«La Regione» berichtete im August 2013 über zwei Unterschriftensammlungen von Anwohnern wegen Nachtlärms und weiterer Immissionen von Nachtlokalen in Biasca. Der Koordinator einer der Petitionen, welcher der Redaktion die Information gesteckt hatte, beschwerte sich daraufhin beim Presserat, der Artikel sei einseitig und enthalte Falschinformationen.

Der Presserat weist die Beschwerde ab. Wer Medienschaffenden Informationen anvertraut, darf nicht erwarten, dass diese sie in Umfang und Stossrichtung unverändert veröffentlichen. Die Redaktion war deshalb nicht verpflichtet, dem Wunsch des Beschwerdeführers zu entsprechen und in ihrem Bericht insbesondere die Untätigkeit der Gemeindebehörden herauszustreichen. Hingegen sind die faktischen Beanstandungen der Beschwerde für den Presserat teilweise nachvollziehbar. Die gerügten Falschinformationen erscheinen für das Verständnis der Leserschaft aber nicht genügend relevant, um daraus eine Verletzung des Journalistenkodex abzuleiten.

Résumé

Les informateurs n’ont pas pouvoir de donner des instructions
Les journalistes sont-ils liés par des instructions données par des informateurs? Le Conseil de la presse répond clairement «non». Les rédactions sont libres de faire usage des informations qui leur parviennent.

«La Regione» rends compte en août 2013 de deux récoltes de signatures organisées par des voisins concernant le tapage nocturne et d’autres nuisances des bars à Biasca. Le coordinateur de l’une des collectes qui avait donné l’information à la rédaction s’est alors tourné vers le Conseil de la presse pour se plaindre de l’article, unilatéral à son gré et contenant de fausses informations.

Le Conseil de la presse rejette la plainte. Quiconque confie des informations à un journaliste ne peut s’attendre à ce que celui-ci les publie telles quelles, en quantité et quant au sens donné. La rédaction n’était dès lors pas obligée de correspondre au vœu du plaignant et de mettre l’accent sur l’inactivité des autorités communales.

Riassunto

Come pubblicare informazioni ricevute

I giornalisti sono obbligati a rispettare certe condizioni poste da un informatore? Assolutamente no, dice il Consiglio della stampa. L’impiego giornalistico delle informazioni che riceve lo decide la redazione.

«La Regione» riferiva, lo scorso agosto, di due petizioni sottoscritte da abitanti del centro storico di Biasca contro i rumori molesti di alcuni locali notturni. Il coordinatore di una di queste petizioni ha presentato al Consiglio della stampa un reclamo contro l’impiego, a suo parere inesatto e unilaterale, delle informazioni rilasciate.

Il reclamo è stato respinto. Chi dà a un giornalista determinate informazioni non può pretendere che siano riferite tali e quali e nel senso voluto dall’informatore. Per esempio, la redazione non era tenuta a rispettare l’invito a denunciare l’inerzia delle autorità comunali. Circa determinate imprecisioni contenute nell’articolo, il Consiglio della stampa può concordare con la persona che ha presentato il reclamo: tuttavia non le considera decisive per l’esatta comprensione dei termini della questione da parte dei lettori, e perciò non lesive della deontologia professionale.


I fatti

A. Il 16 agosto 3013 «laRegione» pubblicava una notizia di cronaca circa i rumori molesti provocati a Biasca dalla vita notturna (titolo: «Biasca, movida indigesta»; occhiello: «Depositate due distinte raccolte di firme in Municipio e alla Sezione enti locali»; sommario: «In queste settimane si è accesa la polemica sui disagi creati al vicinato dagli avventori di un paio di bar. Il sindaco Jean-François Dominé: ‹Siamo sensibili al problema, già noto›»). Il giornalista Mattia Cavaliere riferiva di due distinte raccolte di firme di residenti nel vicinato, denuncianti i disturbi provocati specialmente il venerdì e il sabato sera dagli avventori dei bar: grida, vomito, pisciate, rifiuti lasciati sul campo stradale.

Un abitante del centro città è il promotore di una prima petizione: 74 firme di protesta raccolte nello spazio di un mese. Il reclamo, rivolto alla Sezione degli enti locali del Dipartimento cantonale delle istizuzioni, esprime insoddisfazione per le lungaggini con cui, secondo i firmatari, il Comune affronta il problema. L’autore sarebbe in contatto con «l’Associazione degli abitanti del centro storico». Al Comune si chiede un’informazione puntuale sulle manifestazioni previste nel corso dell’anno e l’impiego di agenti di sicurezza privati se il servizio della polizia comunale finisce presto la sera.

Una seconda petizione concerne invece un ritrovo pubblico di Via Lucomagno, dunque fuori del centro storico. Cinquanta firme, raccolte in poche settimane, starebbero a dimostrare l’esasperazione di molti cittadini per il comportamento dei giovani avventori e la richiesta di un energico intervento da parte del Comune.

Secondo il giornale, i due locali sono distanti poche centinaia di metri l’uno dall’altro e le proteste riguardano in particolare il volume della musica (vi si organizzano serate di karaoke). Non si chiede la chiusura dei due locali ma l’installazione di schermi di isolazione fonica. Non risulta ancora una presa di posizione del Municipio, ma è citato un commento del sindaco, che si dice sensibile alla problematica e intenzionato a mediare tra le parti. Quanto alla Sezione degli enti locali, starebbe traccogliendo della documentazione, dopo di che darebbe istruzioni al Municipio su come intervenire.

B. Il 26 agosto 2013, X. si è appellato al Consiglio svizzero della stampa, denunciando l’articolo della «Regione» come unilaterale e contenente false informazioni. X. è la persona contattata da Mattia Cavaliere. Egli si sarebbe detto disposto a parlare con il giornalista «unicamente se l’articolo fosse impostato in modo ‹corretto›». In particolare si era raccomandato perché non si desse l’impressione che si trattava del «solito gruppo di vecchietti noiosi e intolleranti [che] impedisce ai giovani di divertirsi». Oltretutto, egli intendeva premunirsi contro eventuali minacce o ritorsioni per sé o altri firmatari, come accaduto a Bellinzona. Le informazioni date al giornalista insistevano soprattutto sull’inattività del Municipio. La petizione agli enti locali e alcune foto erano state date al cronista solo a titolo di documentazione: tutto ciò gli era stato chiaramente spiegato, anche per iscritto.

L’articolo pubblicato non corrisponderebbe dunque agli accordi e conterrebbe informazioni inesatte. La bozza dell’articolo era stata, dal giornalista, sottoposta a X., ma le correzioni «sono state applicate in modo parziale». Il reclamante sottolinea che il giornalista dovrebbe «riferire in modo imparziale, in modo da non influenzare il lettore, riportare i fatti in modo corretto e completo, verificare le notizie e le informazioni e, in caso di affermazioni dubbiose, fare contro-domande». L’articolo sarebbe «fallace» nei seguenti punti:

– X. non sarebbe il promotore ma solo il coordinatore della raccolta di firme;
 
– i bar in questione non sono due in un centinaio di metri ma dieci in 350 metri in
linea, più uno più a nord, che ha scatenato una raccolta di firme separata «di cui noi abitanti del centro eravamo all’oscuro»;

– non è vero che X. sia «in contatto con l’Associazione degli abitanti del centro storico di Bellinzona»: li avrebbe incontrati una volta sola. Nell’articolo inoltre non si dice neppure che si tratta di un’associazione di Bellinzona.

– la decisione di rivolgersi alla Sezione enti locali dipende dal fatto che «da almeno dieci anni il Comune ignora segnalazioni e richieste», informazione che non appare nell’articolo;

– il titolo «Movida indigesta» è ridicolo, «va nella direzione opposta a quanto pattuito, cioè mettere l’accento sul lassismo del Comune» e suggerisce l’idea di un vicinato intollerante. Criticabile anche la scelta della foto: una strada deserta in pieno giorno del centro storico di Biasca.

– due volte nell’articolo si dice che il sindaco si preoccupa della questione. Questo non è vero: l’autorità comunale non dimostra alcun interesse o sensibilità per il caso, né è disposta a intervenire. È per questo che una petizione è stata rivolta anche alla Sezione cantonale degli enti locali.

Con la pubblicazione dell’articolo – sostiene il reclamante – «laRegione» ha violato le cifre 3 (Omissione/Deformazione), 4 (Metodi di ricerca sleali), 5 (Rettifica), 8 (Rispetto della dignità delle persone) e 9 (Indipendenza) della «Dichiarazione dei doveri e dei diritti del giornalista».

C.
Il 4 ottobre 2013 il direttore de «laRegione», Matteo Caratti, e l’autore dell’articolo, Mattia Cavaliere, propongono la reiezione del reclamo in quanto infondato, sostenendo che il giornale ha riferito nel pieno rispetto dei principi e dei valori della «Dichiarazione». Il reclamante «scambia un giornale per un bollettino che dovrebbe essere unicamente a sua disposizione e solo per riportare la sua versione dei fatti». Le notizie riferite nell’articolo sono dovute non solo alle informazioni da lui raccontate ma anche a quelle raccolte presso il secondo gruppo di vicini e presso l’autorità. Si tratta di una tipica bega tra abitanti del centro storico, esercizi pubblici e autorità, della quale è quasi impossibile riferire tutti gli aspetti in un solo articolo. Del resto conflitti di questo genere sono tutt’altro che rari: anzi, scopo dell’articolo pubblicato il 16 agosto 2013 era di mostrare che anche a Biasca si manifestano problemi simili a quelli denunciati in un centro più grande come Bellinzona. Nelle settimane seguenti «laRegione» era tornata su questi temi due volte, il 5 settembre e il 3 ottobre.

D. Dopo la chiusura dello scambio epistolare, X. ha indirizzato al Consiglio una «replica» che non contiene a giudizio della Presidenza fatti nuovi essenziali per la valutazione del caso. Non si è quindi ritenuto di chiedere alla «Regione» una duplica.

E. La presidenza del Consiglio della stampa ha affidato il caso alla 1. Camera, composta della presidente Francesca Snider e dei membri Michael Herzka, Pia Horlacher, Klaus Lange, Francesca Luvini, Sonja Schmidmeister e David Spinnler.

F. La 1. Camera ha discusso il caso nella sua seduta del 26 novembre 2013 e ha deliberato in seguito per via epistolare.

II. Considerandi

1.
Fondandosi sul reclamo di X., la 1. Camera ha voluto valutare in primo luogo se l’«accordo» tra il reclamante e il giornalista (che a suo parere impegnava «laRegione» a riferire in modo «obiettivo») poteva fondare in lui la persuasione che il giornale si sarebbe limitato a riferire del conflitto con le autorità comunali circa rumori molesti.

È prassi costante del Consiglio della stampa di non dedurre dalla «Dichiarazione» un dovere di «obiettività» da parte dei giornalisti. Al contrario: anche un articolo parziale e che esprime un determinato punto di vista può ritenersi compatibile con il codice professionale (cfr. le ultime Prese di posizione in materia: 16 e 19/2013). Nella Presa di posizione 11/2010 il Consiglio della stampa ha sostenuto che chi affida determinate informazioni a giornalisti non ha il diritto di aspettarsi che essi le riferiscano nello stesso preciso senso. Perciò, la pretesa che riferendo sul conflitto e sull’asserito disinteresse delle autorità il giornalista avrebbe dovuto attenersi alla versione «concordata» con chi gli dava l’informazione non è sostenibile: «laRegione» non poteva essere obbligata a riferire in quel modo, e si è perciò comportata correttamente.

2. Il Consiglio della stampa ammette tuttavia che il reclamante ha ragione quando sostiene che i fatti non erano nell’articolo riportati sempre in modo esatto. L’impressione di una certa imprecisione sussiste. E tuttavia, anche prescindendo da una conoscenza diretta dell’ambiente e degli atti scambiati tra le parti, che impedisce di entrare su questo punto nei particolari, al Consiglio della stampa non pare che i difetti segnalati siano di tale gravità da configurare una violazione della cifra 3 della «Dichiarazione» (Deformazione), nel senso che al lettore sarebbe impossibile una corretta comprensione dell’accaduto. Ad esempio, non si vede quale differenza essenziale ci sia tra il definire il reclamante «promotore» oppure «coordinatore» della raccolta di firme, oppure se importi molto sapere se i contatti con il comitato dei cittadini di Bellinzona siano stati uno o più di uno. Circa i reclami pendenti da dieci anni con il Municipio di Biasca, «laRegione» ha riferito correttamente il parere degli abitanti del centro storico: «Abbiamo deciso (…) di rivolgerci direttamente alla Sezione degli enti locali (Sel) perché siamo stufi del continuo tergiversare del Municipio». Il titolo: «Movida indigesta›, suona piuttosto neutro, e l’occhiello: «Depositate due distinte raccolte firme in Municipio e alla Sezione enti locali» sembra riflettere il contenuto dell’articolo. Si può dar ragione al reclamante circa la scelta della foto: la redazione avrebbe potuto scegliere un’immagine più significativa. Ma anche questo rientra nei suoi margini di apprezzamento.

Più a lungo la 1. Camera ha discusso se violazione della «Dichiarazione» sussista circa un altro rimprovero sollevato dal reclamante: nel caso non sarebbero coinvolti due ma dieci bar del centro storico. Dalla documentazione prodotta dalle parti il particolare non risulta chiarito, perciò anche il Consiglio non può accertare se vi sia stata soppressione (o deformazione) di informazioni. Per lo stesso motivo, non le è possibile sostenere se «laRegione» avrebbe dovuto pubblicare una precisazione su questo punto. Non ritiene, infine, e ciò per mancanza di elementi probatori più convincenti, che la dignità del reclamante sia stata violata. Per la stessa ragione, non accerta l’altra asserita violazione: quella in ordine al dovere di indipendenza.

III. Conclusioni

1. Il reclamo è respinto.

2. Con l’articolo «Biasca, movida indigesta», «la Regione» non ha violato le cifre 3 (Omissione/Deformazione di informazioni), 4 (Metodi di ricerca sleali), 5 (Rettifica) e 6 (Indipendenza) della «Dichiarazione dei doveri e dei diritti del giornalista».