I. I fatti
A. Il 26 agosto 2003 la Tsi, nel corso della sua trasmissione d’informazione regionale il Quotidiano (in onda ogni giorno alle 19 su Tsi1 e in tarda serata su Tsi2) dà un breve resoconto di un’operazione di polizia svoltasi il giorno stesso in alcune località del Cantone. Si tratta di un episodio della grande indagine denominata «indoor» condotta da polizia e magistratura per stroncare la coltivazione e il commercio di canapa che da qualche tempo ha preso piede in Ticino. Nel corso della nuova operazione di polizia sono stati chiusi e posti sotto sequestro quattro negozi di canapa e sono state fermate e interrogate sei persone. Per cinque di loro è scattato l’arresto con l’accusa di infrazione aggravata, subordinatamente semplice, alla Legge federale sugli stupefacenti. Fra le persone arrestate la signora X., commessa impiegata da uno dei negozi posti sotto sequestro.Verrà liberata il 4 settembre 2003.
B. Qualche giorno dopo il suo rilascio la signora X. viene informata da alcuni conoscenti che nel servizio mandato in onda dalla Tsi (disponibile anche su internet nel sito www.rtsi.ch) la sua immagine è perfettamente riconoscibile. Per pochi secondi la si vede mentre esce dal negozio in compagnia di due poliziotti. Il 10 ottobre 2003 la signora X. inoltra un reclamo presso l’ombudsman della Rtsi. Il mediatore non entrerà in materia perché il termine di inoltro del reclamo – 20 giorni – è scaduto, e poiché la pubblicazione su internet non sottostà alla Legge federale sulla radiotelevisione e non è quindi di sua competenza.
C. Il 16 dicembre 2003 la signora X. inoltra reclamo presso il Consiglio della stampa. Secondo lei mostrando la sua immagine la Tsi ha violato la «Dichiarazione dei diritti e dei doveri del giornalista». In particolare sarebbero state violate la Direttiva 7.1, sulla Protezione della sfera privata e la Direttiva 7.6, sulla Menzione dei nomi. La reclamante sottolinea che non è certo stata sua intenzione esporsi agli sguardi di terzi e che al momento dell’uscita dal negozio le era impossibile sottrarsi alle riprese. Non sarebbe infine dato alcun interesse pubblico preponderante che potrebbe liberare il giornalista dall’obbligo di salvaguardare la sua sfera privata: non si ritiene, infatti, né persona che ricopre una carica o una funzione pubblica, né persona che gode di una certa notorietà.
D. Il 5 gennaio 2004 la Tsi, per voce del segretario dell’informazione Michele Ferrario, prende posizione sul ricorso della signora X. respingendo le accuse. L’emittente televisiva conferma che l’immagine della signora è ben riconoscibile, per 5 secondi, nel breve servizio (in totale 32 secondi). Secondo la Tsi questo non costituirebbe però una violazione della «Dichiarazione dei diritti e dei doveri del giornalista». Prima di tutto la signora si è posizionata in un luogo visibile a chiunque, inoltre la telecamera era molto ben visibile sul lato opposto della strada. La signora non ha fatto nulla per non essere ripresa. Non ha tentato di nascondersi, non ha chiesto all’operatore di non filmare. In secondo luogo la signora, essendo cominciate da alcuni mesi le operazioni «indoor» «non poteva non sapere o quantomeno presumere che la sua posizione di impiegata di un negozio del genere avrebbe potuto crearle seri problemi». Infine l’operatore aveva regolarmente chiesto e ottenuto il permesso di filmare da parte della polizia, che in nessun momento gli avrebbe detto di non riprendere singole persone.
E. Il caso è stato affidato alla 1. Camera del Consiglio della stampa, formata da Franco Ballabio, Luisa Ghiringhelli Mazza, Pia Horlacher, Kathrin Lüthi, Philip Kübler, e Peter Studer, che ne ha discusso nella propria seduta del 26 marzo 2004 e per corrispondenza. Edy Salmina si è ricusato.
II. Considerandi
1. L’immagine di X. che esce dal negozio in compagnia di due poliziotti mentre viene letta la notizia dell’operazione di polizia non dà adito a dubbi riguardo al fatto che la signora sia coinvolta. Non vi è inoltre nessun dubbio sul fatto che sia identificabile: sono infatti dei conoscenti, che l’hanno riconosciuta da quelle immagini, ad informarla dell’esistenza del filmato.
2. Mostrare il volto riconoscibile di X. era indispensabile? Quell’immagine aggiunge qualcosa alla notizia? Non essendo la signora né un personaggio pubblico, né persona che gode di una qualche notorietà, mostrare il suo volto non aggiunge nulla alla notizia dell’operazione di polizia in questione. Inoltre X. non sembra essere, dai dati disponibili al momento del fermo, la «mente» riconosciuta di un importante traffico di stupefacenti, ma semplicemente la commessa di un negozio di canapa. La Tsi avrebbe potuto benissimo dare la notizia tagliando l’inquadratura in questione, o mascherando il volto della signora in modo da renderlo irriconoscibile. Non aver tenuto conto di questi aspetti rappresenta una violazione delle Direttive 7.1 (Protezione della sfera privata) e 7.6 (Menzione dei nomi) della «Dichiarazione dei diritti e dei doveri del giornalista». Infatti tali direttive prescrivono che «ognuno ha diritto al rispetto della propria sfera privata» (7.1). Questo include il dovere del giornalista ad astenersi dal riprendere qualcuno senza il suo consenso o a sua insaputa a meno che non sussista un interesse pubblico predominante.
3. a) Quale giustificazione del proprio operato il giornalista non può certo avocare il fatto che la polizia, dandogli l’autorizzazione a filmare l’operazione, non gli ha vietato di mostrare i volti delle persone coinvolte. Non è dalla polizia che il giornalista deve ricevere istruzioni su come seguire il proprio codice deontologico.
b) Non è sostenibile nemmeno il fatto che la signora avrebbe implicitamente acconsentito alle riprese, visto che non si è visibilmente sottratta alle stesse. Il momento particolare in cui sono avvenute le riprese lascia presumere che X. aveva ben altri pensieri che quello di verificare che i giornalisti presenti rispettassero o meno la sua privacy. Quale commessa di un canapaio la signora non può essere considerata alla stregua di personaggi, che abitualmente si trovano ad affrontare la stampa e quindi automaticamente cercano di proteggere il proprio volto quando sono colti in situazioni imbarazzanti. Anche a questi ultimi, in ogni caso, vi sono circostanze in cui va garantita una certa privacy.
c) Quanto all’argomentazione, portata dalla Tsi, secondo cui la posizione di X. quale commessa di un canapaio, dopo che da qualche mese tali esercizi venivano chiusi dalla polizia, non poteva non averla messa in allarme, non può essere accettata quale giustificazione di una violazione della sfera privata.
4. Il fatto che la versione dei servizi giornalistici conservata in Internet nel sito www.rtsi.ch non sia di competenza dell’ombudsman della radiotelevisione non significa che la Tsi non abbia alcuna responsabilità etica al riguardo. Se la sfera privata della signora X. è stata violata, continuerà ad esserlo nella versione archiviata nel Web, e sempre disponibile, del servizio giornalistico in questione. E‘ quindi auspicabile che almeno in questa versione vengano applicati quegli accorgimenti di mascheratura del suo volto che non sono stati applicati nella versione mandata in onda il 26 agosto 2003.
III. Conclusioni
1. Il reclamo è accolto.
2. Sono state violate le Direttive 7.1 e 7.6 della «Dichiarazione dei diritti e dei doveri del giornalista».