Nr. 6/1993
L’informazione completa come esigenza

(Gabriele Jelmini c. 'Il Dovere'/'Corriere del Ticino'), del 1. ottobre 1993

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Stellungnahme

Bedürfnis nach vollständiger Information

Journalistinnen und Journalisten dürfen weder Tatsachen und Dokumente noch von anderen geäusserte Meinungen entstellen. Deshalb dürfen auch in einem Kommentar Zitate nicht verzerrt wiedergegeben werden.

Dagegen ist es einem Medium unbenommen, Sachverhalte und Ereignisse zu kommentieren, über die es nicht berichtet hat. Eine solche Haltung ist heute, in der Zeit der Forumsmedien, allerdings nicht gerade publikumsfreundlich. Es wäre vielmehr wünschenswert, dass auch Basisinformationen vermittelt werden und somit der Kommentar auch von Lesern verstanden werden kann, die sich nur auf ein Medium als Informationsquelle konzentrieren.

Prise de position

Le besoin d’une information complète

Les journalistes ne doivent déformer ni les faits et les documents auxquels ils ont accès, ni les propos tenus par d’autres. Aussi les citations ne doivent pas être déformées, même dans un commentaire.

En revanche, un média est libre de commenter des faits et des événements dont il n’a pas rendu compte préalablement. Il est vrai qu’une telle méthode, à l’heure ou les journaux sont de plus en plus des forums de discussion, ne respecte guère le public. Il vaudrait mieux que l’on donne les informations de base, de manière à ce que le commentaire puisse être également compris par des lecteurs qui se contentent d’un seul média pour s’informer.

Presa di posizione

L’informazione completa come esigenza

Ai giornalisti non è consentito manipolare fatti, documenti o citazioni di opinioni altrui. Anche nei commenti, le citazioni devono essere riprodotte fedelmente.

E‘ tuttavia consentito a un organo d’informazione commentare fatti e avvenimenti su cui non ha riferito. Ma, per il fatto che i „media“ si profilano sempre più, oggi, come luoghi di discussione, difficilmente si potrebbe definire tale atteggiamento un servizio fatto ai lettori. Sarebbe desiderabile, al contrario, che un’informazione di base fosse data in ogni caso, in modo da facilitare la comprensione del commento anche ai lettori che dipendeono da quell’unica fonte d’informazione.

I. Fatti

A. Il 4 giugno 1992, l’Agenzia telegrafica svizzera (ATS) invia alle redazioni di lingua italiana un „service rédactionnel“ scritto dal suo redattore Gabriele Jelmini, dal titolo „Polizia politica in Ticino: le schede della Bupo raccontano“. Il servizio, di notevole lunghezza (111 righe dattiloscritte) e basandosi sulle informazioni pubblicate dal „Comitato contro lo Stato ficcanaso“, dà notizie sui metodi di schedatura usati dalla polizia in Ticino per sorvegliare le attività potenzialmente eversive. In parte queste informazioni contraddicono (comunque correggono) le informazioni che una Sottocommissione del Gran Consiglio ticinese aveva dato al momento delle prime rivelazioni sulle schedature: il fenomeno appare – secondo il servizio dell’ATS – molto più grave di quanto emerso in sede ufficiale.

B. „Il Dovere“ non pubblica il servizio bensì, il 6 giugno 1992, un commento redazionale di 41 righe, intitolato „La storia dei compagni“, in cui contesta vivacemente all’ATS – l’autore non è menzionato – di „riscrivere la storia“ da una prospettiva di parte. In due punti dell’articolo viene citato il testo dell’ATS. Nel primo si riporta la frase: „I furti di armi ed esplosivi contestati a lui e ai suoi compagni (in tribunale) furono (motivo – o) pretesto – per mettere sotto controllo decine di telefoni in tutta la Svizzera“, omettendo tuttavia le quattro parole che abbiamo sottolineato e messo tra parentesi e aggiungendo dei punti d’esclamazione. Nel secondo si opera uno scambio di persona, trasferendo l’attributo „… persona nota e stimata oltre i confini del Belcantone e spia della Polizia…“ dal „denunciante“ al „denunciato“; le parole sottolineate non figuravano nel servizio dell’ATS.

C. Neppure il „Corriere del Ticino“ pubblica il servizio dell’ATS, ma il 9 giugno 1992, con un lungo commento (113 righe) firmato „Fabio Pontiggia“, critica l’Agenzia – l’autore non è menzionato – „perché sostiene una tesi e ripropone fra le righe un’interpretazione di parte dell’intera vicenda: la tesi è che, contrariamente a quanto affermato ufficialmente, la prassi delle schedature politiche ha investito in pieno anche il Ticino ben oltre gli accertamenti degli organismi parlamentari; l’interpretazione è quella secondo cui persone, associazioni, movimenti e partiti di estrema sinistra sono stati vittime innocenti negli anni Settanta di una persecuzione politica in palese contrasto con le libertà che uno Stato democratico dovrebbe garantire“.

D. Il 13 giugno 1992 Gabriele Jelmini scrive al „Corriere del Ticino“ chiedendo „una breve replica“. Deplora che il suo scritto sia stato demolito „senza neppure pubblicarne un rigo“ e „facendo caricatura degli argomenti altrui“. Jelmini non riceve risposta e lo scritto non viene pubblicato.

Lo stesso giorno, Gabriele Jelmini scrive anche al „Dovere“, contestando la scorrettezza delle citazioni e segnalando che il quotidiano dà particolari su un caso toccato nel servizio dell’ATS basandosi su informazioni di probabile fonte poliziesca. Neppure dal „Dovere“ Jelmini riceve risposta; la sua lettera non è stata pubblicata.

E. Il 6 luglio 1992, Gabriele Jelmini segnala il caso al „Gruppo etica dell’Associazione dei giornalisti ticinesi;, contestando:

a) al „Dovere“: le citazioni ritoccate, le informazioni presunte di polizia senza citazione della fonte, la non pubblicazione della replica;

b) al „Corriere del Ticino“: la demolizione di un articolo altrui senza pubblicare niente dell’articolo criticato e „senza indicare ai lettori un giornale che lo ha pubblicato la non pubblicazione della sua replica.

Non risulta che Jelmini (o l’ATS, visto che l’autore dello scritto non era stato menzionato) abbiano fatto uso del diritto di risposta.

Il 11 novembre 1992, il comitato dell’Associazione ticinese dei giornalisti, sentito il parere del gruppo di lavoro sull’etica (che aveva esaminato la segnalazione di G.J. „con grande ritardo“ e se ne scusava), trasmette l’incarto al Consiglio della stampa ritenendo „più che giustificate“ le argomentazioni del redattore dell’ATS. Il Consiglio della stampa decide il 12 febbraio 1993 di istruire l’indagine.

II. Considerandi

1. E‘ lecito un commento che non dia informazioni su ciò cui si riferisce? In linea di principio, il commento è libero. Gli organi d’informazione non sono tenuti a limitare i commenti agli argomenti su cui hanno compiutamente informato. Nel commento, in un articolo di fondo, in una nota redazionale possono essere citati anche solo gli elementi di fatto che sostengono l’argomentazione. Il commento può essere una risposta a pubblicazioni o a servizi di un altro organo. Il commento può ribadire una tesi o un’opinione senza dar conto dell’opinione contraria. E‘ un diritto dei mass media, è costitutivo della libertà di stampa.

Questo atteggiamento riflette tuttavia piuttosto la tradizione del XIX secolo, quando praticamente tutti i giornali erano di partito e polemizzavano tra loro. Si partiva dall’idea che il lettore riceveva in ogni caso un’informazione unilaterale, a meno di poter consultare anche i giornali del partito avverso. Oggi che i mass media sono prevalentemente un luogo di discussione, è un un atteggiamento non più sostenibile e poco rispettoso del pubblico. La concezione del giornale come luogo di discussione richiede che i fatti vengano presentati in modo tale da soddisfare l’attesa di informazione esauriente anche di chi legge quello solo.

Il direttore del „Corriere del Ticino“, Sergio Caratti, sostiene che il pubblico non era certamente, nel caso specifico, all’oscuro dei fatti. Altri gior
nali ticinesi, nonché la radio e la televisione, avevano nei giorni precedenti riferito il contenuto della notizia dell’ATS. Nel momento in cui il „Corriere“ ha fatto uscire il suo commento, il pubblico poteva ritenersi ottimamente informato. Questo aspetto dev’essere certamente considerato. In particolare i fruitori assidui dell’informazione, coloro che leggono regolarmente più giornali, nonché i notiziari della radio e della televisione, sono in grado di situare nel giusto contesto un commento anche quando il giornale che lo reca non si proccupa di dare le informazioni basilari. Ma chi legge un solo giornale, oppure ascolta prevalentemente i programmi esteri, italiani, della televisione (cioè la maggior parte del pubblico), non è compiutamente informato se gli si tacciono i fatti alla base di un commento. Ci si può riferire su questo punto all’Cifra 3 della „Dichiarazione dei doveri e dei diritti del giornalista“, ove si prescrive la „non omissione di importanti elementi informativi“. E‘ vero che questa disposizione si riferisce alle notizie, non ai commenti. Ma vale tendenzialmente per ogni attività giornalistica: chi riferisce dei fatti non può omettere alcun elemento informativo importante, ma anche chi commenta dei fatti deve dare le informazioni utili a rendere comprensibile il commento. E‘ perciò auspicabile che l’esigenza di un’informazione completa sia sempre tenuta presente.

2. E‘ lecito manipolare delle citazioni in un commento? Certamente no. L’Cifra 3 della „Dichiarazione dei doveri e dei diritti del giornalista“ non è meno chiaro su questo punto: esso prescrive „la non alterazione di fatti e documenti, nonché delle altrui opinioni“. Con il commento pubblicato il 6 giugno 1992 „Il Dovere“ ha sicuramente violato l’etica professionale.

3. Le redazioni sono tenute a pubblicare messe a punto? Se si tratta solo di opinioni divergenti, no. Se si tratta di rettificare degli errori, l’etica professionale ne prescrive la pubblicazione, come si legge all’Cifra 5 della „Dichiarazione dei doveri e dei diritti“: il giornalista „rettifica ogni informazione che nella sostanza dovesse rivelarsi interamente o parzialmente errata“. Nel caso delle citazioni dell’articolo dell’ATS arbitrariamente manipolate dal „Dovere“ il 6 giugno 1992, la pubblicazione di una messa a punto era giustificata.

4. Il servizio dell’ATS sulle schedature in Ticino era un’informazione neutra o già di per sé un commento? Gabriele Jelmini sostiene di essersi documentato autonomamente, senza prevenzioni e in modo onesto. Il direttore del „Corriere del Ticino“, Sergio Caratti, è d’altro avviso:

„Il servizio di Gabriele Jelmini dell’ATS non si limita a dare notizie, ma dà notizie commentandole: la titolazione, la sottotitolazione, l’aggettivazione, il tono utilizzato nel servizio non lasciano dubbi in proposito. In secondo luogo il servizio tira conclusioni in contrasto con quelle cui è giunta la Commissione della gestione del Gran Consiglo analizzando solo „una cinquantina di documenti“ sulle circa 7000 (settemila) schede compilate e conservate dalla Polizia cantonale a Bellinzona: è perlomeno avventato affermare che queste informazioni „in parte contraddicono (comunque correggono)“ quelle ufficiali. Se le schede „degenerate“ (ammesso che siano effettivamente tali) sono solo 50 su 7000, le conclusioni della Commissione parlamentare sono incontestabili. In terzo lugo il servizio dell’ATS omette di indicare, in riferimento ad uno dei ticinesi processati a Locarno nel 1981, il fatto – determinante – che i reati non gli sono stati solamente contestati, ma sono stati accertati in via definitiva dalla giustizia: presentare tali reati legati al terrorismo rosso italiano come un „pretesto“ è asserzione tendenziosa.“

III. Conclusioni

Per questi motivi, il Consiglio della stampa si pronuncia come segue:

1. Il giornale „Il Dovere“ ha violato la „Dichiarazione dei doveri e dei diritti del giornalista“ manipolando la citazione di un servizio d’agenzia e omettendo di pubblicare una messa a punto. Ma „Il Dovere“, cui è succenduta „La Regione“, non si pubblica più e il suo direttore al momento dei fatti è nel frattempo deceduto.

2. Il commento è libero. Non si richiede che i commenti siano limitati a fatti o ad avvenimenti su cui lo stesso giornale ha informato. Il „Corriere del Ticino“ non ha dunque violato l’etica professionale commentando liberamente il servizio dell’ATS sulle schedature in Ticino. Sarebbe tuttavia auspicabile che il pubblico apprenda dallo stesso giornale i fatti cui il commento si riferisce.

3. Poiché a nessun organo di informazione attualmente esistente può essere imputata una violazione della „Dichiarazione dei doveri e dei diritti del giornalista“, il Consiglio della stampa rinuncia a dar seguito alla denuncia.