I. I fatti
A. La mattina del 3 marzo 2019, «Il Caffè» ha pubblicato nella sua edizione online un articolo dal titolo «Poliziotto ‹imbroglia› durante l’assessment ma viene promosso». Il titolo recita: «Il posto di aiutante capo a Noranco faceva gola a parecchi. Ma il predestinato era uno solo. Ha avuto una ‹spintarella› e si è fatto scoprire. Ma alla fine è stato nominato lo stesso». L’articolo riguarda la procedura di nomina di un assistente capo e di un vice responsabile della polizia luganese. Solo gli agenti di polizia con almeno dodici anni di pratica avrebbero potuto candidarsi per la posizione pubblicizzata. Uno dei candidati aveva saputo in anticipo le domande poste nella valutazione. Aveva memorizzato le risposte così bene che non si era accorto che le domande erano state cambiate. Tutti i presenti lo avevano notato. Tuttavia, alla fine era stato promosso. L’articolo è stato cancellato nel pomeriggio dello stesso giorno.
B. Il 3 aprile 2019, la polizia cantonale ticinese ha presentato una denuncia al Consiglio svizzero della stampa per una violazione della Cifra 7 della «Dichiarazione dei doveri e dei diritti del giornalista». Due ufficiali erano stati menzionati per nome, uno per nome e cognome, l’altro per cognome suggerendo un grado di parentela che però nella realtà non c’era e lasciando dunque intendere tra le righe che ci fosse una condizione di favoritismo. Fatto che può danneggiare seriamente la reputazione di un’istituzione. Inoltre, la polizia denuncia una violazione della Cifra 3 della «Dichiarazione», in quanto non è stata ascoltata in merito alle gravi accuse. Sostiene anche che la direttiva 2.3 (separazione dei fatti dai commenti) e – in mancanza di una correzione – anche la Cifra 5 (correzione) della «Dichiarazione» siano stati violati, sebbene tale correzione fosse stata richiesta.
C. Nella sua risposta alla denuncia del 14 giugno 2019, il caporedattore del «Caffè», rappresentato da un avvocato, ha sostenuto che l’articolo in questione era stato pubblicato a causa di un errore tecnico e informatico non spiegabile a posteriori. Inoltre era stato pubblicato esclusivamente online nella versione e-paper. La redazione aveva deciso di non pubblicare l’articolo che era stato messo a disposizione nel sistema. Era stato sovrascritto o sostituito da un altro articolo. Tranne che nell’edizione e-paper. Nel corso del pomeriggio di lunedì, i redattori sono stati informati che l’articolo in questione era online e a quel punto è stato immediatamente cancellato e sostituito. Una correzione è stata successivamente dispensata per non attirare l’attenzione su tutta la questione; l’articolo era stato consultato solo cinque volte. Il convenuto si è poi astenuto dal rispondere ai motivi del ricorso.
D. Il 5 luglio 2019, il Consiglio della stampa ha informato le parti che il reclamo sarebbe stato trattato dalla Presidenza del Consiglio della stampa, composto dal presidente del Consiglio della stampa Dominique von Burg nonché dalla vicepresidente Francesca Snider e dal vicepresidente Max Trossmann.
E. In una lettera dell’8 ottobre 2019, l’avvocato del «Caffè» ha informato il Consiglio della stampa che una denuncia per calunnia e diffamazione era stata presentata contro l’autore dell’articolo criticato, che aveva ricevuto un mandato di comparizione.
F. Il Presidio del Consiglio della stampa ha pubblicato il presente parere a partire dal 26 luglio 2021 per corrispondenza.
II. Considerazione
In base all’art. 11 cpv. 2 del Regolamento, il Consiglio della stampa non ascolta una denuncia se sono state avviate o sono previste procedure parallele (in particolare davanti ai tribunali o all’UBI) come in questo caso, motivo per cui il reclamo non può essere ammessa. Inoltre, il reclamo è diretto contro un articolo che non era destinato alla pubblicazione, che è stato poi erroneamente pubblicato online, ma è stato consultato solo cinque volte. In questo contesto, il Consiglio della stampa si è astenuto in ogni caso dall’esaminare le denunce individuali o anche dall’emettere una nota di biasimo che vista la questione sembrava eccessivo.
III. Conclusione
Il Consiglio della stampa non entra in materia.
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I. Sachverhalt
A. Am Morgen des 3. März 2019 veröffentlichte «Il Caffè» in seiner Onlineausgabe einen Artikel mit dem Titel «Poliziotto ‹imbroglia› durante l’assessment ma viene promosso». Der Lead lautet: «Il posto di aiutante capo a Noranco faceva gola a parecchi. Ma il predestinato era uno solo. Ha avuto una ‹spintarella› si è fatto scoprire. Ma alla fine è stato nominato lo stesso». Im Artikel geht es um das Ernennungsverfahren eines Chef-Adjutanten und Stellvertreters des Verantwortlichen der Polizei für das Luganese. Auf die ausgeschriebene Stelle hätten sich lediglich Polizeibeamte mit mindestens zwölf Jahren Praxis bewerben können. Einer der Kandidaten hätte die Fragen, die im Assessment gestellt worden seien, im Voraus gekannt. Er habe die Antworten so gut auswendig gelernt, dass er nicht gemerkt habe, dass die Fragen verändert worden seien. Das hätten alle Anwesenden gemerkt. Dennoch sei er am Ende befördert worden. Der Artikel wurde im Verlauf des Nachmittags desselben Tages gelöscht.
B. Am 3. April 2019 reichte die Tessiner Kantonspolizei Beschwerde beim Schweizer Presserat ein. Sie macht eine Verletzung von Ziffer 7 der «Erklärung der Pflichten und Rechte der Journalistinnen und Journalisten» (nachfolgend «Erklärung») geltend, indem zwei Beamte namentlich genannt worden seien, der eine mit Vorname und Name, der andere mit Nachname. Damit werde eine verwandtschaftliche Beziehung suggeriert, welche nicht bestehe, und somit zwischen den Zeilen Vetternwirtschaft. Damit werde der Ruf einer Institution schwer beschädigt. Weiter macht sie eine Verletzung von Ziffer 3 der «Erklärung» geltend, indem sie nicht zu den schweren Vorwürfen angehört worden sei. Verletzt sieht sie auch Richtlinie 2.3 (Trennung von Fakten und Kommentar) und – mangels Berichtigung – auch Ziffer 5 (Berichtigung) der «Erklärung», obwohl eine solche verlangt worden sei.
C. Mit Beschwerdeantwort vom 14. Juni 2019 machte der anwaltlich vertretene Chefredaktor des «Caffè» geltend, der Artikel, gegen den sich die Beschwerde richte, sei aufgrund eines nachträglich nicht mehr erklärbaren technischen bzw. Informatikfehlers publiziert worden, und dies allein online in der Version E-Paper. Die Redaktion habe beschlossen, den im System bereitgestellten Artikel nicht zu veröffentlichen. Dieser sei überschrieben bzw. durch einen anderen ersetzt worden. Ausser eben in der E-Paper-Ausgabe. Im Verlauf des Montagnachmittags sei der Redaktion zugetragen worden, dass besagter Artikel online sei. Dieser sei sofort gelöscht bzw. ersetzt worden. Auf eine Berichtigung sei in der Folge verzichtet worden, um der ganzen Sache nicht zu mehr Aufmerksamkeit zu verhelfen, auf den Artikel sei nur fünfmal zugegriffen worden. Die Beschwerdegegnerin verzichtet in der Folge, auf die Beschwerdebegründung einzugehen.
D. Am 5. Juli 2019 teilte der Presserat den Parteien mit, die Beschwerde werde vom Presseratspräsidium behandelt, bestehend aus Presseratspräsident Dominique von Burg sowie der Vizepräsidentin Francesca Snider und dem Vizepräsidenten Max Trossmann.
E. Mit Schreiben vom 8. Oktober 2019 teilte der Anwalt des «Caffè» dem Presserat mit, eine Klage wegen Verleumdung und übler Nachrede sei gegen den Autor des kritisierten Artikels eingereicht worden, dieser habe eine Vorladung erhalten.
F. Das Presseratspräsidium hat die vorliegende Stellungnahme per 26. Juli 2021 auf dem Korrespondenzweg verabschiedet.
II. Erwägung
Gestützt auf Art. 11 Abs. 2 des Geschäftsreglements tritt der Presserat nicht auf eine Beschwerde ein, wenn ein Parallelverfahren (insbesondere bei Gerichten oder bei der UBI) eingeleitet wurde oder vorgesehen ist. Dies ist vorliegend der Fall, weshalb auf die Beschwerde nicht einzutreten ist. Hinzu kommt, dass sich die Beschwerde gegen einen Artikel richtet, welcher nicht zur Publikation bestimmt war, der dann zwar irrtümlicherweise online veröffentlicht wurde, jedoch bloss fünfmal abgerufen wurde. Vor diesem Hintergrund würde der Presserat ohnehin darauf verzichten, die einzelnen Kritikpunkte der Beschwerde zu prüfen oder gar eine Rüge auszusprechen. Dies erschiene unverhältnismässig.
III. Feststellung
Der Presserat tritt nicht auf die Beschwerde ein.