Nr. 16/2010
Ricerca della verità / Rispetto della sfera privata / Diritto di essere ascoltati in caso di gravi addebiti

(Morresi c. «il caffè»/«Corriere del Ticino»)

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I. I Fatti

A. Il 31 maggio 2009, «il caffè» pubblica un articolo di Patrizia Guenzi (titolo: «‹Lo Stato mi caccia e mi ruba la figlia›») raccontando la storia di Ayme Garcia Perez, la giovane donna, sposata con un cittadino svizzero, successivamente divorziata, con a carico una bambina di tre anni, cui le autorità svizzere non hanno rinnovato il permesso di soggiorno, decretandone l’espulsione malgrado fosse incinta.

Ayme vivrebbe da dieci anni nel Sottoceneri e, dopo il divorzio, avrebbe lavorato come cameriera. Dopo aver perso il lavoro si sarebbe vista rifiutare il prolungamento del permesso di soggiorno. All’inizio del 2009 le autorità le avrebbero comunicato, che avrebbe dovuto lasciare la Svizzera. La donna non avrebbe voluto partire senza la figlia di tre anni, che l’autorità tutoria, basandosi su una perizia psichiatrica, avrebbe assegnato ad una famiglia affidataria. Ayme avrebbe inoltre avuto l’intenzione di sposare entro breve il suo nuovo compagno svizzero. In base alla decisione di allontanamento le autorità avrebbero però rifiutato di rilasciarle il necessario certificato di domicilio.

B. Il 14 giugno 2009, «il caffè» riporta che il ritorno di Ayme Garcia Perez non è stato accettato dalla autorità cubane («‹Ora anche Cuba non mi vuole oltre che Berna›»). Dopo un soggiorno di dieci anni in Svizzera Cuba la considererebbe straniera e le concederebbe unicamente un visto turistico di tre mesi.

C. Il 26 giugno 2009, il «Corriere del Ticino» pubblica una lettera dei lettori dal titolo «Disavventure umane e ospitalità svizzera» in cui si contesta che le autorità svizzere avrebbero agito in modo inumano. All’autore dello scritto non è piaciuto il modo in cui «il caffè» ha presentato le cose. Sarebbe piuttosto Ayme, che si sarebbe comportata in modo irresponsabile e, nonostante fosse consapevole della propria situazione giuridica precaria, avrebbe messo al mondo un bambino. Inoltre pur sapendo di dover lasciare la Svizzera era nuovamente incinta. Le leggi svizzeri sugli stranieri sarebbero severe ma non inumane. Ayme deve accettare le conseguenze delle leggi in vigore.

D. Il 7 luglio 2009, Enrico Morresi agendo nella sua funzione di segretario della Società di San Vincenzo di Massagno ha presentato al Consiglio svizzero della stampa un reclamo contro i due articoli del «caffè» e la pubblicazione della lettera dei lettori sul «Corriere del Ticino».

Secondo l’istante, «il caffè» ha violato la Cifra 1 della «Dichiarazione dei doveri e dei diritti dei giornalisti» (ricerca della verità). «Gli articoli del ‹caffè› danno un’impressione distorta, o quantomeno incompleta, dei fatti. Si direbbe che l’articolista si sia basato unicamente sulle dichiarazioni delle donna e non le abbia verificate.»

Il «Corriere del Ticino» avrebbe mancato di rispetto alla personalità della donna (Cifra 7 della «Dichiarazione») rivelando particolari intimi in precedenza non conosciuti dai suoi lettori. Il «Corriere» avrebbe dovuto chiedere l’autorizzazione all’interessata e darle la possibilità di rispondere alle critiche (Direttiva 3.8 relativa alla «Dichiarazione»).

E. Il 15 luglio 2009, «il caffè» ha presentato le seguenti osservazioni: «Riteniamo che la redazione del giornale, riportando il caso della signora Ayme Garcia Perez abbia agito correttamente. (…) ‹Il caffè› non si è limitato a parlare con la signora ma anche con altri protagonisti della vicenda. E pure con il direttore del dipartimento Istituzioni che, in merito al caso, ha scritto in un e-mail che ‹gli uffici amministrativi coinvolti hanno, da quel che lui ha potuto appare, applicato correttamente le norme. E che casi come questi sono limitati.› Dunque, ‹il caffè› raccontando questa storia ha cercato semplicemente di puntare l’attenzione su una realtà (…) controversa e spinosa in cui i punti di vista e i giudizi ovviamente divergono.»

F. Il «Corriere del Ticino» non ha inoltrato alcuna risposta entro il termine fissato dal Consiglio della stampa.

G. Il 22 ottobre 2009, il Consiglio della stampa ha comunicato alle parti che il reclamo sarebbe stato trattato dalla Presidenza del medesimo, composta del Presidente Dominique von Burg, della Vicepresidente Esther Diener-Morscher e del Vicepresidente Edy Salmina.

H. Il Consiglio di presidenza ha approvato la seguente Presa di posizione il 23 aprile 2009 per via epistolare.

II. Considerandi

1. a) Il Consiglio della stampa ribadisce con prassi ricorrente, che dalla «Dichiarazione» non deriva alcun obbligo all’«informazione obiettiva» (cfr. in proposito le recenti prese di posizione 3/2010 come 10, 52 e 54/2009). Ne consegue che anche un’informazione unilaterale, che prende posizione, può essere eticamente corretta. Dal dovere della «Ricerca della verità» (Direttiva 1.1 della «Dichiarazione») non può quindi derivare – fatto salvo l’obbligo di ascoltare colui che è oggetto di gravi addebiti – che i media abbiano sempre il dovere di «obiettivizzare» con ulteriori ricerche affermazioni di parte.

b) Il ricorrente sostiene che in entrambi gli articoli «il caffè» avrebbe violato il dovere di ricerca della verità. Non specifica però in quali punti i due scritti del 31 maggio e del 14 giugno sarebbero inveritieri. A questo proposito, la redazione de «il caffè» sostiene nella propria presa di posizione di aver verificato i fatti e in particolare di aver preso contatto con le autorità competenti. Considerate queste circostanze, per il Consiglio della stampa non si è verificata una violazione del dovere di ricerca della verità, visto che, per i lettori del «caffé», è evidente che entrambi gli articoli riportano il punto di vista soggettivo della protagonista. Inoltre anche se gli articoli criticano in maniera generica lo «Stato», la Svizzera e le «autorità», non indicano concretamente i responsabili. Allo stesso modo ai lettori appare chiaro che l’operato oggetto delle critiche – il decreto d’espulsione e la decisione di revocare la custodia parentale – sono sì manifestamente controversi, ma si sono comunque svolti nell’ambito di procedimenti giuridici basati sulle leggi in vigore. In questo senso, sarebbe stata auspicabile una replica delle autorità competenti, ma dare spazio a tale replica non costituiva un obbligo ai sensi della Direttiva 3.8 relativa alla «Dichiarazione».

2. a) Secondo il Consiglio della stampa nemmeno la lettera dei lettori pubblicata dal «Corriere del Ticino» rivolge all’indirizzo della signora Perez gravi addebiti nel senso della Direttiva 3.8. Effettivamente l’autore dello scritto qualifica il comportamento della signora come «irresponsabile». Si tratta però di un giudizio personale. Le critiche espresse non fanno riferimento ad un comportamento illegale, né l’autore mette l’interessata in una luce disonorevole di paragonabile gravità. Si noti che, nel caso di lettere dei lettori, la Direttiva 5.2 della «Dichiarazione» chiede alle redazioni di intervenire unicamente in presenza di una chiara violazione delle norme deontologiche.

b) Infine non si rileva una chiara violazione delle norme deontologiche nemmeno in relazione alla Cifra 7 della «Dichiarazione» (Rispetto della sfera privata). Dopo che la signora Perez ha permesso a «il caffè» di esporre due volte la sua vicenda in maniera dettagliata con tanto di nome e fotografia, il «Corriere del Ticino» poteva pubblicare una lettera dei lettori che si rifà espressamente all’articolo de «il caffè» del 14 giugno 2009 senza chiedere l’autorizzazione dell’interessata. Il testo si limita d’altronde a valutare criticamente i fatti e i giudizi espressi da «il caffè» e la citazione del nome avviene in maniera sobria e non stigmatizzante.

III. Conclusioni

1. Il ricorso è respinto.

2 «Il caffè», con la pubblicazione dei due articoli «‹Lo Stato mi caccia e mi ruba la figlia›» del 31 maggio 2009 e «Ora anche Cuba non mi vuole oltre che Berna» del 14 giugno 2009, non ha violato la Cifra 1 della «Dichiarazione dei doveri e dei diritti del giornalista» (Ricerca della verità).

3. Il «Corriere del Ticino», con la pubblicazione della lettera dei lettori «Disavventure umane e ospitalità svizzera» del 26 giugno 2009, non ha violato le Cifre 3 (Diritto di essere ascoltati in caso di gravi addebiti) e 7 (Rispetto della sfera privata) della «Dichiarazione».